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Senza 9 non andiamo da nessuna parte. La lezione di un vero campione a Leao

E’ arrivato il lieto fine per l’Italia, ma quanta paura. La scimmia sulla spalla che ci portiamo dietro dagli ultimi flop manciniani è stata scacciata tra gol sbagliati, soliti problemi e un rigore negato all’Ucraina nel recupero. L’Italia va agli Europei ma continua ad essere un’Italietta nonostante Spalletti e gli elogi di Gravina. L’uomo dello scudetto napoletano è il più bravo di tutti, ma la bacchetta magica non ce l’ha nemmeno lui. Giochiamo nettamente meglio rispetto al passato, ma alcuni difetti strutturali rimangono. E’ inutile girarci intorno ma il problema del numero 9 è ancora estremamente attuale e preoccupante. Non abbiamo un centravanti, non abbiamo il centravanti, quello che segna gol pesanti, quello che ti risolve le partite, quello che hanno tutti i top team europei e sudamericani. Raspadori è un 9 atipico, Scamacca rincorso a fine partita da Spalletti è entrato malissimo, Immobile non c’era. E poi lì in mezzo la solita fatica in cabina di regia nonostante il ritorno di Jorginho.

E’ vero avevamo parecchi assenti, ma zero alibi. Spalletti, forse, quando ha accettato non si aspettava tutto questo tribolare, invece il lavoro da fare è ancora tanto e lui come ha già spiegato più volte deve introdursi perfettamente nel mondo del Ct, che è un altro mondo rispetto a quello dell’allenatore di club. L’Italia all’Europeo ci sarà, ma se è questa, difendere il titolo diventa utopico.

Non è utopia per Novak Djokovic continuare a battere tutti i record possibili. Ecco all’Italia servirebbe uno come Nole talmente grande da rendere piccole le stelle del pallone. Stelle che fanno di tutto per non perdersi i match evento, come l’ultimo atto delle Atp finals tra il serbo e Sinner. Poi è diventata consuetudine andarlo a salutare per fargli i complimenti a fine partita. E così hanno fatto Leao e Bennacer per la gioia di Djokovic grande tifoso milanista che però lì per lì sembra non aver riconosciuto Bennacer. Veniamo al dunque. Leao ha accolto il numero uno del tennis mondiale a suo modo, masticando una gomma con un atteggiamento un po’ svogliato e facendogli i complimenti a mezza bocca. Il più entusiasta per quell’incontro era paradossalmente chi aveva vinto in quel momento il suo settimo Masters. Il campione era ed è lui. Che mondi diversi il tennis e il calcio.  

Redazione

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