Calcio

Juventus, ne servono tre. Da Cellino alla Samp: i progetti sulla sabbia

La Juventus si prepara a ricevere il Manchester City in Champions, auguri. Tra due leoni feriti capiremo chi sarà più bravo a uscire dalla gabbia e a rilanciarsi verso la foresta smarrita. Thiago Motta e Pep Guardiola hanno due problemi opposti: la Juve ha appena avviato la rivoluzione, con le conseguenze del caso, soprattutto quando i problemini diventano problemoni (non c’entrano solo gli infortuni). E a un progetto nuovo bisogna dare un minimo di fiducia, dopo aver aspettato tre anni non si possono tirare le somme a metà dicembre dalla nuova alba. Certo, alcuni risultati sono imprescindibili, altrimenti l’eco diventerà grandissima e il dolore lancinante, mi riferisco alla conquista di un posto in Champions. Ci sono i margini, ora è necessario quel minimo sindacale di serenità. Il problema di Pep è opposto: ha un gruppo con tanta gente a fine ciclo, gente che ha scritto pagine bellissime e forse irripetibili, serve un travaso che possa permettere di ripartire non scaraventando tutto dalla finestra ma ripartendo da qualche certezza. La Juventus, parliamo inevitabilmente di mercato, ha bisogno di fare tre iniezioni nella prossima sessione. Tre se non di più, spiego perché: almeno un difensore, ma vorrei dire due con Hancko che è il più gradito all’interno di altre soluzioni alcune ponderate (Antonio Silva compresa, ma non dipende solo dalla Juve) e altre scartate. Ma se per finanziare un grande colpo serve sacrificare Fagioli, è normale pensare che in mezzo al campo si debba e si possa accendere un’altra lampadina. Aspettare le migliori condizioni di Milik senza la certezza di averlo per tutto l’anno comporta la necessità di mettere benzina anche negli ultimi trenta metri. Il motivo è semplice: puntare sul solo Vlahovic non è problematico perché rischi di spremerlo, ma perché si sente l’unica soluzione con le controindicazioni psicologiche del caso (si chiama appagamento).

È un momento complicato per molti progetti costruiti sulla sabbia, un esonero dietro l’altro. C’è qualche distinguo da fare con tanta onestà: a Verona c’è Sogliano che ha fatto miracoli, lavorando con la spada di Damocle di un club in vendita da un anno e mezzo, quindi con la necessità di cedere i pezzi pregiati in qualsiasi momento del mercato. Il capolavoro resta la salvezza con Baroni dello scorso giugno, nessuno ci credeva. Adesso è normale che sia in discussione Paolo Zanetti, una striscia non giustificabile di sconfitte, ma la soluzione interna (Paolo Sammarco) emersa già nel pomeriggio di lunedì non è ancora operativa, nelle prossime ore la decisione definitiva. Nel frattempo ci sono situazioni inquietanti che chiamano in causa i famosi progetti costruiti sulla sabbia, sul banco degli imputati presidenti, direttori sportivi, collaboratori e management vari. Cellino non vedeva l’ora di collezionare un altro esonero, malgrado a Brescia un mese fa avessero smontato (e smentito) un’ipotesi già chiara: addio Maran, avanti con Bisoli come se fosse un album di figurine. Peggio a Genova: terzo allenatore stagionale, Semplici dopo Pirlo e Sottil. Povera Samp, un pieno di blasone e di entusiasmo messo sotto i piedi.

Alfredo Pedullà

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