Calcio

Ibrahimovic parla come se il Milan fosse in lotta per scudetto e Champions

Zlatan Ibrahimovic si è presentato bello, fresco e pettinato pochi minuti prima di Napoli-Milan. Oltre che con un nuovo look, come se – mateforicamente e non – volesse mettere alle spalle un periodo tremendo. Al Milan è andato male tutto, inutile aggrapparsi a un doppio derby di Coppa Italia: l’eventuale conquista del trofeo strapperebbe un sorriso, ma non cancellerebbe una stagione orrenda. Non mi riferisco soltanto alle strategie, ma anche al modo di intervenire in corsa per rimediare: disastri su disastri. Eppure Ibra parla come se il Milan fosse a due punti dal primo posto e ai quarti di Champions con obiettivi veri da conquistare. Esattamente si tratta dell’esatto contrario, eppure Ibra dialoga come se lui avesse assistito e non partecipato a simile scempio. Se poi dovessi parlare di Milan Futuro, un’altra costruzione strategica dell’ingegner Zlatan, bisognerebbe mettere la testa sotto il cuscino e risvegliarsi soltanto quando parte di questo disastro sarà alle spalle. Pazzesco come Ibra non dica una volta “abbiamo commesso diecimila errori, io in testa”. Ma così funziona, loro finiscono sui social soltanto quando devono prendersi una parte della gloria che in qualche caso neanche appartiene ai diretti interessati eternamente “pavoni”. Adesso è troppo importante il futuro con Fabio Paratici sempre in quota e con la necessità di attendere come si svilupperanno nelle prossime due settimane le vicende extracampo del direttore sportivo.
Zlatan Ibrahimovic (Screen Youtube Dazn) – Sportitalia.it

 

Ma c’è una frase che diventa quasi inaccettabile, quando Ibra parla di congetture e invenzioni giornalistiche in riferimento alle incomprensioni con Furlani. Insomma, quei cattivoni e pettegoloni si sono permessi di obiettare su un rapporto che viaggia d’amore e d’accordo, senza nubi. Ci vorrebbe la mitica canzone di Pupo “Su di noi” magari da mandare a San Siro già stasera dopo la semifinale di andata contro l’Inter per una Coppa Italia che ora, in casa Milan, non è più un portaombrelli ma un trofeo di incalcolabile valore. Obiezione: se fosse come dice Zlatan, per quale motivo è andato a Londra per incontrare presunti papabili alla poltrona di direttore sportivo senza passare da Furlani, magari avvertendolo, tuttavia incassando poi – almeno fin qui – un bel due di picche? Guardacaso, dopo quel blitz Furlani ha deciso di salire su un aereo e di volare negli States per incassare il placet che qualsiasi decisione passa da lui e non si tratta di semplice potere di firma. La sensazione, molto più di una sensazione, è che il carismatico svedese dovrà mettersi in fila, accettare o al massimo avallare le decisioni di Furlani, senza alcun tipo di potere.
Giorgio Furlani

E a quel punto le famose illazioni avrebbero motivo di esistere: non è che due dirigenti debbano per forza litigare, ma se uno decide e l’altro si adegua (Zlatan) non c’è una terza via tra accettare senza troppa voce in capitolo oppure salutare e lasciare il club. Ibra non si offenda, ma è meglio dire le cose in faccia, ovviamente lui è libero di fare come gli pare, il manifesto della sua vita sportiva. Ma per il suo interesse è bene che stravolga la strategia comunicativa, spesso (se non sempre) fuori tempo e fuori luogo. Sono finiti i tempi di un colpo di tacco da celebrare come gli pareva. Adesso si tratta di capire come abbia potuto agire da dirigente sbagliando scelte, tempistica e parole: troppo. Meglio: troppo poco per stare nella stanza dei bottoni o presunta tale di Casa Milan.

Alfredo Pedullà

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