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Italia, Gattuso: “L’obiettivo? Il Mondiale. Bisogna ritrovare l’entusiasmo. Singoli? Conta la squadra”

Gennaro Gattuso è stato presentato ufficialmente come nuovo Commissario Tecnico della nazionale italiana.

Le dichiarazioni di Gattuso

“Un sogno che si avvera, spero di essere all’altezza. Il compito non è facile ma di facile nella vita non c’è nulla. Io e io mio staff sappiamo che c’è tanto da lavorare, ma c’è la consapevolezza di poter fare un ottimo lavoro. C’è da lavorare, da andare in giro e parlare coi giocatori per entrare nella loro testa. Sento dire da tanti anni che non c’è talento, ma penso che i giocatori ci siano, dobbiamo solo metterli nella condizione di farli esprimere al massimo. L’obiettivo è riportare l’Italia al Mondiale, per noi e per il nostro calcio è fondamentale”.

Cosa bisogna fare?

“Bisogna ritrovare l’entusiasmo e non pensare in modo negativo. Chi viene a Coverciano deve arrivarci con entusiasmo, creare una famiglia credo sia la cosa più importante. Oltre la tecnica e la tattica dobbiamo ritrovare quel gruppo che per tanti anni ci ha contraddistinto nel mondo”.

Cosa ha prevalso in te quando hai preso questa scelta?
“La convinzione di avere a disposizione giocatori importanti, quattro o cinque giocatori di questo gruppo sono tra i primi dieci nei loro ruoli. Ma ripeto: conta la squadra, non singoli giocatori. Sono convinto che la squadra abbia dei valori e si possa raggiungere l’obiettivo. Quando Buffon e Gravina mi hanno chiamato non ho esitato un istante, credo abbiamo le doti per raggiungere l’obiettivo”.

Che identità bisogna ritrovare?

“Quest’anno in Serie A c’era il 68% di giocatori stranieri, un dato che deve farci riflettere. A livello di settore giovanile è stato fatto un grande lavoro, ma poi dopo l’Under 19 i calciatori si perdono un po’. Quest’anno all’Hajduk giocavo con 2005, 2006, 2007, dobbiamo dare spazio ai giovani. Stare fuori due volte dal Mondiale non è semplice, per questo motivo dobbiamo ritrovare entusiasmo perché con la paura non si va da nessuna parte”.

La Russa ha fatto un po’ di polemica.

“Spero di fargli cambiare idea e di raggiungere l’obiettivo”.

In Nazionale dovrai accettare qualche compromesso o sarai il Gattuso di sempre?

“Tutti pensano a Gattuso che corre, grinta. Penso che le squadre che ho allenato hanno espresso un buon calcio, mi hanno detto di non dirlo ma lo dico: oggi un Gattuso nella mia squadra, col casino che faceva, non lo metterei in campo, per come vedo ora il calcio. Mi piace aggiornarmi e parlare di calcio, so che calcio mi piace. Bisogna entrare nella testa dei giocatori, non tutti sono uguali. Oggi il calciatore è diverso, è molto più professionista: fanno solo più fatica a fare gruppo, non solo in nazionale”.

Puoi spiegarci questa squadra di collaboratori e dei tuoi risultati?

“Ho Bonucci nel mio staff e poi altri cinque componenti che lavorano da anni con me. Prandelli, Zambrotta e Perrotta ci daranno una mano insieme a Viscidi. Col Napoli ho perso una Champions con 77 punti, col Milan non ci sono andato per un punto, con l’Hajduk dopo 19 anni ci siamo giocati il campionato con una squadra imbottita di giovani. Dipende poi come vengono scritte le cose: poi solo una squadra vince il campionato, solo una vince. Ma bisogna vedere il lavoro e come ha lavorato, se ha fatto crescere i giovani e la squadra”.

Come cambia il tuo lavoro da CT?

“La quotidianità sarà diversa. Spero di non stressare i colleghi della Serie A e chi lavora all’estero, l’obiettivo è vedere un paio di giorni di allenamento, parlare coi giocatori e vedere le partite”.

Cosa hai preso da Lippi? Cosa ti ha detto a telefono?

“Cosa ha detto non posso dirlo. Spero di fare ciò che ha fatto Marcello: non dico alzare la Coppa al cielo, ma creare quell’alchimia nello spogliatoio. Spero di ricreare quel senso di appartenenza, voglio vedere giocatori che arrivano a Coverciano col sorriso, che stanno bene. Devo riuscire a interagire coi giocatori in maniera corretta, i tempi sono cambiati e bisogna essere bravi a entrare nella loro testa”.

Quale messaggio ti ha colpito di più in questi giorni?

“Sentire i miei genitori emozionarsi per l’opportunità che mi ha dato la Federazione è stato un bel momento, di gioia. Poi tanti altri messaggi ma sentire papà e mamma emozionarsi ancora è stato bello”.

C’è l’esigenza di individuare un certo tipo di giocatore?

“Penso che in questo momento il nostro campionato dice che abbiamo il 40% di squadre che giocano a tre e il 60% di squadre che giocano a quattro, in questo momento bisogna mettere i giocatori al posto giusto. Bisogna mettere una squadra in campo a cui piace stare nella metà campo avversaria e metterla in condizioni di creare gioco per fare male agli avversari. La cosa più importante è come vogliamo stare in campo”.

Cosa pensa dei giocatori che rifiutano la nazionale? 

“Bisogna vedere e capire perché è un giocatore rifiuta la nazionale, non credo che i giocatori rifiutino la nazionale. È la prima cosa che ho chiesto al presidente e a Gigi, che mi devono aiutare per fare in modo che chi viene in nazionale, anche se ha un problemino, e in questo club ci devono dare una mano, stia a Coverciano. Abbiamo tutto per gestire i giocatori e penso che se vogliamo essere credibili e non creare delle scuse o un precedente, chi è convocato in nazionale sta a Coverciano come si faceva ai tempi quando giocavo io, e dopo se non riusciamo a far guarire il giocatore ritorna al club. Ma la cosa più importante è riuscire a stare più giorni possibile insieme. I dolorini ci sono sempre, se avessi dovuto ascoltare il mio fisico avrei giocato 50 partite in meno.”

Quali saranno le prime parole che dirai ai tuoi giocatori?

“Creare una famiglia, provare a dirci le cose in faccia, perché nei momenti di difficoltà, e in campo le difficoltà ci sono in qualsiasi momento, quando ti senti solo e non senti la voce del compagno. Ora dobbiamo riuscire a cambiare questo aspetto, di aiutarci, di dire anche le cose che qualcuno magari non vuole sentire, perché solo così si può crescere.”

Tra i giocatori che Spalletti non ha chiamato nell’ultimo periodo, ha individuato qualcuno che può fare al caso suo?

“Vediamo quello che dice il campionato, in questi giorni ho chiamato 30 o 35 giocatori e ho fatto una chiacchierata con tutti loro. Ci sono giocatori che in questo momento sono stati fuori perché hanno caratteristiche ben precise e possono dare una mano ma bisogna far parlare il rettangolo verde”.

Ha visto la partita con la Norvegia? E cosa ha pensato? 

“La pressione la porta la maglia azzurra perché siamo una nazione che ha vinto quattro Mondiali, stare due volte fuori dal Mondiale è un peso per i calciatori, per me e per tutti noi. Dobbiamo essere bravi a reagire perché solo reagendo possiamo uscire fuori da questa situazione. La partita con la Norvegia l’ho vista, è stata difficile, i norvegesi a livello fisico andavano più forte di noi e venivamo da un momento in cui parecchi giocatori importanti venivano da una sconfitta molto molto pesante in Champions League e la squadra in quel momento non ha avuto la forza che ha avuto la Norvegia”.

Cosa pensa dell’Italia di Spalletti e da cosa ripartirà? 

“Io e Luciano ci siamo sentiti, io ho una stima incredibile nei suoi confronti. Ha una preparazione incredibile, è onesto, ogni anno riesce a fare cose nuove. C’è grande stima. In questo momento devo vedere quello che vogliamo fare, però il lavoro di Luciano e la sua professionalità sono incredibili, ha fatto un lavoro importante con la maglia della nazionale. Vedremo su che strada vogliamo andare. Cambiamenti non se ne possono fare perché c’è poco tempo, la cosa più importante è capire cosa vogliamo fare nell’arco dei 90 minuti”.

Su Acerbi.

“Francesco è un calciatore fortissimo, ma non ho ancora avuto modo di parlare con lui. Non ho nulla contro di lui, c’è solo rispetto e stima da parte mia. Ho deciso di convocare calciatori più giovani per questo momento”.

Su che cosa sarà intransigente? 

“Se non vedo i giocatori che vanno a 100 all’ora, devono andare a 100 all’ora, bisogna far parlare il campo. Alcuni di loro li ho allenati in questi anni e sanno che per me quando inizia l’allenamento bisogna pedalare. Fuori dal campo, non do importanza perché ognuno decide come comportarsi. Non posso fare il sergente di ferro o il poliziotto”.

Quale messaggio invii alla tua regione che è così orgogliosa di te? 

“Non devo dare nessuna lezione di vita, non sono così importante da darne a nessuno. La Calabria è una terra incredibile e la mia infanzia è stata bellissima. Dico sempre che quando sentivo l’inno, chiudevo gli occhi e sentivo la mamma che mi chiamava dal balcone quando giocavo partite infinite. È una terra bellissima e i giovani devono seguire la strada giusta, dello studio, e fare le persone perbene”.

A livello personale ha trovato tempo di emozionarsi?

“Nessuna emozione, tanti pensieri e responsabilità: so che sarà difficile.”

Federico Calabrese

Federico Calabrese, classe 2000, è un giornalista pubblicista. In libreria è uscito con “Volare libero”, l’autobiografia di Gianluca Pagliuca e con “Istinto puro”, l’autobiografia di Sébastien Frey.

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