Se Christopher Nkunku venisse davvero ritenuto da chi gestisce il Milan quel “centravanti con le caratteristiche di Giroud” che ci fu annunciato come obiettivo centrale del mercato nel media briefing del 25 giugno scorso a Casa Milan, mi farei obiettivamente delle domande. Tipo se per loro io assomigli più a David Beckham ’98 (quello col capello biondo al top del top) o all’attuale Maluma, e nel caso se avessero il potere di convincere una schiera di modelle di questa mia somiglianza come starebbero provando a fare con Massimiliano Allegri in queste ore. Scartando questa incredibile capacità persuasiva di dimostrare l’impossibile, delle due l’una: o Nkunku arriva come “extra” al posto del partente Chukwueze, affiancato da un vero 9, oppure dovrebbero iniziare a mettere in discussione – giusto un filo – la loro capacità di “recruiting”. Perché Nkunku in carriera ha fatto ANCHE il nove sì, ma con tutt’altre mansioni e peculiarità. In principio fu Boniface: anche da rotto, almeno avrebbe avuto maggior senso, visto che a parità di “rotto” (sicuri che nel caso Nkunku le passi le visite?), almeno sarebbe stato ciò che serviva per caratteristiche tecniche, tattiche e fisiche. Arrendermi allora all’idea che Nkunku sia “quel 9”, vorrebbe dire automaticamente archiviare da qui in poi ogni scelta nella casella “cose fatte a caso”, e dico caso perché non voglio incorrere in problemi con l’algoritmo di Google e le sue censure. Ne sapremo di più, ma probabilmente non troppo prima di lunedì alle 20: personalmente, fin quando Dusan Vlahovic non avrà una nuova squadra, continuerò a vedere ogni mossa come funzionale e strategica nell’assalto al serbo. Troppo “9” per non essere lui l’unico prescelto, troppo “un problema della Juve” per essere acquistato senza che i bianconeri si siano scoperti, anticipando (fa ridere come verbo al 28 agosto, ma tant’è) l’arrivo di Kolo Muani. Qualcuno direbbe “mancano solo 5 giorni”: qualcunaltro risponderebbe… “Mancano ancora 5 giorni”: questione di punti di vista, come sempre. Teniamo nel cassetto questo pezzo e tiriamolo fuori tra una settimana: se sarà arrivato Vlahovic, onore alla strategia degna del grande generale cinese Sun Tsu, alla faccia di tutti gli scettici. Se sarà arrivato davvero Nkunku come unico 9, l’unico cinese di cui potremmo parlare è quel grosso megastore in Piazzale Loreto, dove mi aspetto a quel punto verranno acquistati i prossimi rinforzi del mercato di gennaio, nel nome del risparmio a tutti i costi. In mezzo, un grigio difficilmente preventivabile e non sgombro di sorprese all’orizzonte, tipo che spuntino profili “alla Dovbyk”, se non lo stesso Dovbyk. Pronostico da inguaribile ottimista: avanti arrivano due giocatori, di cui almeno uno forte davvero. Vedremo.
Se in attacco mi siedo e aspetto, in difesa ho molta meno pazienza (sì, meno di così). Il pacchetto De Winter, Tomori, Gabbia e Pavlovic denuncia evidentemente l’esigenza di un colpo di coda immediato: anche arrivasse oggi, sarebbe già tardivo. Un colpo di coda non legato alla quantità, o per lo meno non solo: serve la qualità, senza se e senza ma. Serve un giocatore che regga la difesa sia a tre che a quattro: astenersi Okoli o profili del genere per fare numero, questo Milan ha bisogno di Kim o di “un” Kim, ammesso che esista. Il coreano sarebbe la prima scelta di Tare: qualsiasi euro speso da qui al 1° settembre non per l’ex Napoli, quelli di un pari livello – esempio Akanji – esclusi, sarebbero letteralmente buttati via. Piuttosto che niente, è meglio… niente: che sarebbe una tragedia, detto proprio fuori dai denti, ma per lo meno eviterebbe di diventare anche una beffa.
Sul centrocampo infine, mi permetto invece di dissentire con Allegri: se dopo aver speso quasi 70 milioni tra Jashari e Ricci, alla prima vanno in campo – e steccano – Fofana e Loftus-Cheek, la responsabilità è sua e chiedere altri giocatori – specie se costosi e capricciosi come Rabiot – non è così comprensibile in un reparto completo e di livello. Anche perchè, caro Max, chi troppo vuole, nulla stringe. E va bene, sacrosanto, smuovere le acque e presentare richieste chiare nei ruoli dove oggettivamente servono rinforzi, ma a patto che non diventi tutto un alibi per non dar conto delle proprie scelte e dei propri errori, dopo nemmeno 90 minuti.
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