Calcio

Inter, inizia la stagione del revisionismo

Puntuale come il cambio di stagione, è arrivata l’opera di revisionismo rispetto alle critiche preventive di qualche settimana fa che avevano coinvolto alcune delle scelte di mercato più rilevanti dell’ultima estate.
Un processo che aveva coinvolto in maniera principale l’Inter ed il suo allenatore Cristian Chivu, accusato di essere troppo carente in materia di esperienza e personalità per poter essere considerato alla stregua di una guida e di un punto di riferimento ideali per la prosecuzione del progetto che aveva visto Simone Inzaghi protagonista nel quadriennio precedente.
Un po’ come se le stesse persone che avevano guidato il processo di rinascita economica e di risultati del club milanese (Marotta, Ausilio e Baccin) avessero improvvisamente perso la capacità di discernere le scelte illuminate dagli errori, aprendo così la strada ad un processo mediatico che troppo spesso è sconfinato oltre i confini del rispetto della professionalità di ciascuno di essi.

Inter Chivu

A partire da Chivu, evidentemente, la cui unica “colpa” è stata quella di raccogliere con entusiasmo la sfida di identificare il ruolo di leader di uno spogliatoio reduce dalle delusioni della parte finale della passata stagione, quasi dimenticandosi che il gruppo trainante era lo stesso che al di là di ogni più rosea previsione ed aspettativa aveva fatto sfiorare per due volte negli ultimi tre anni il tetto d’Europa ad una squadra che prima di allora non aveva certamente brillato fuori dai confini italici dai tempi dell’ultima Champions League vinta in poi.
Eppure la personalità invisibile alla critica, il tecnico l’aveva già mostrata in abbondanza in America. Magari non in scelte tattiche che sarebbe stato controproducente stravolgere esattamente come lo è ora, ma piuttosto con il pugno di ferro tenuto nella riunione post eliminazione e soprattutto post polemiche introdotte dalle dichiarazioni del Capitano Lautaro Martinez. Segno evidente che pur essendo un novizio del mestiere, avere frequentato e guidato spogliatoi di un certo peso specifico nel corso della sua carriera qualche competenza nel merito gliela avessero lasciata in eredità.
I risultati delle ultime settimane parlano di conseguenza, e giustificano anche la decisione di proseguire nel solco tattico di un passato troppo redditizio per poter essere messo da parte. Specie senza gli uomini per poterlo stravolgere.

E qui si viene al mercato, ed alle scelte che lo hanno contraddistinto. Senza pensare che probabilmente il principio che le ha ispirate è esattamente lo stesso che sta spingendo l’allenatore a proseguire e magari implementare una strada che si era già dimostrata in maniera inequivocabile come quella corretta per risultati raggiunti sul campo e per crescita economica in stretta correlazione.
Ed allora la pazienza deve diventare la migliore consigliera per accompagnare il percorso di crescita dei calciatori sui quali la dirigenza ha deciso di investire il budget che si era costruita per meriti sportivi, e non certo per mecenatismo da parte della proprietà.
Fare all in economico su un calciatore che avrebbe implicato ed obbligato ad uno stravolgimento, non è sembrata la scelta giusta. Fallire nell’inserimento equilibrato di un elemento di quella portata avrebbe dichiarato il probabile flop stagionale, e con esso quello legato alla prosecuzione di un meccanismo virtuoso che, a un mese e mezzo di distanza dall’inizio della stagione, sta comunque tenendo a galla i nerazzurri rispetto a tutti gli obiettivi per i quali si sono proposti di lottare.
La valorizzazione di Sucic ricorda quella di chi lo aveva preceduto (Kovacic e Brozovic), quella di Pio Esposito ha aggiunto un attaccante destinato ad essere protagonista sia all’Inter che in Nazionale per i prossimi 15 anni, il tassello Akanji sta inaugurando una sensazione di solidità che i milanesi avevano perso dalla stagione poi culminata con la vittoria dell’ultimo Scudetto.
Bonny ha margini di crescita palesi, e usufruirà della guida dello stesso allenatore che lo aveva valorizzato ai massimi livelli nella stagione passata che era coincisa con la sua esplosione di rendimento. Luis Henrique sta iniziando a dare saggio delle sue potenzialità ed ha nelle corde quel cambio di passo nel creare la superiorità numerica che tanto serve ai milanesi, mentre Diouf paga lo scotto di un inserimento tardivo rispetto agli altri ed avrà tempo e modo per poter essere giudicato. Sempre tenendo presente che la critica è lecita e sacrosanta, ma anche che le persone che vengono poste a giudizio sono le stesse le cui gesta venivano magnificate sino a qualche mese fa. E che se un club saudita con risorse illimitate, dopo avere preso l’allenatore della parte iniziale di quel progetto, continua la sua opera di corteggiamento per il Direttore Sportivo che di quel cammino è stato architetto, probabilmente non è davvero tutto da buttare come troppo frettolosamente era stato sentenziato.

Gianluigi Longari

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