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Morto Fabio Taborre, tre vittorie da professionista: il ciclista battuto dalla malattia

Morto Fabio Taborre, tre vittorie da professionista: l’ex ciclista battuto a soli 36 anni dalla malattia. Il ricordo commosso degli amici

A poche ore della vittoria di Sonny Colbrelli agli Europei di strada di ciclismo, il mondo dei professionisti italiani è in lutto. A soli 36 anni è morto infatti Fabio Taborre che tra il 2009 e il 2015 ha corso in gruppo vincendo anche tre corse. Poi però la sua carriera era stata stoppata da una squalifica per doping.

Fabio Taborre (Wikipedia)

Abruzzese di Pescara, Taborre era passato professionista con la Serramenti Diquigiovanni, quella che oggi è Androni Giocattoli insieme a Gianni Savio. Poi ancora sei anni con Acqua & Sapone, Vini Fantini, Yellow Fluo, Neri Sottoli e di nuovo Androni togliendosi diverse soddisfazioni. Nel 2011 infatti aveva vinto il Gran Premio Città di Camaiore e il Memorial Marco Pantani, dedicato il suo idolo, e l’anno successivo una tappa al Giro d’Austria.

Nel 2015 però era risultato positivo ad un controllo antodoping. Quattro anni di squalifica e la denuncia della sua squadra che per regolamento interno multava pesantemente chi fosse stato riconosciuto positivo dopo tutti i gradi di giudizio. “Nulla di ciò che mi è accaduto ha una logica”, aveva dichiarato allora a caldo.

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Morto Fabio Taborre, il commosso ricordo degli ex professionisti suoi amici

Oggi a piangere Fabio Taborre c’è la sua famiglia stretta ma anche quella più allargata del ciclismo. Come Alessandro Spezialetti, oggi tecnico della Androni Giocattoli, che è stato intervistato dal quotidiano ‘Il Centro’: “Per me era come un fratello più piccolo. Chiedeva e ascoltava i miei consigli, quelli di Danilo Di Luca e di Ruggero Marzoli, si affidava, era rispettoso. Ha fatto del suo meglio e si è tolto delle belle soddisfazioni, anche se esternava poco le sue emozioni quando si affermava”.

Il ricordo di Taborre  (Instagram)

E un altro ex professionista abruzzese come Stefano Giuliani lo ricorda così: “Faceva il duro, attaccava per non essere attaccato. Ma era un ragazzo molto sensibile che nascondeva la propria sensibilità. Appariva estroso, oltre ad essere stato un bel corridore. Non ci sono parole”.

Federico Danesi

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