Onana e i gemelli Skriniar. Pinto aiuti Mou. SMS e l’Arabia: ha vinto ancora Lotito

André Onana in uscita dall’Inter. E qui bisogna distinguere gli aspetti tecnici, sereni e motivati, rispetto ai mal di pancia dei leoni da social. Anche qui serve una premessa: sostenere che André sia un portiere straordinario, reduce da una stagione straordinaria e in grado di blindare la difesa anche con la sua personalità, è cosa buona e giusta. Ma ai leoni da tastiera, che ragionano sempre con i soldi degli altri e che sanno parlare in qualsiasi minuto (prima e dopo i pasti, nel cuore della notte e all’alba ancor prima di fare colazione) dobbiamo specificare una cosa essenziale. Questa: quando ricevi un’offerta da 50 milioni in su per un portiere arrivato a zero appena la scorsa estate, non si possono avere dubbi, perplessità o indugi. Bisogna prendere e portare a casa, a maggior ragione in questo caso visto che parliamo di un club che da svariate sessioni di mercato deve friggere il pesce con l’acqua (un’entrata soltanto dopo un’uscita). Un club che, malgrado tutto, riesce a mantenere una competitività altissima e che riesce a mettere qualche trofeo in bacheca. Da 50 milioni in su si potrebbe sacrificare qualsiasi specialista a maggior ragione se arrivato a parametro zero, il portiere sarà un ruolo delicato e non discutiamo. Tuttavia portare a casa e organizzare la missione cash per Lukaku è una necessità. Soprattutto se per sostituirlo dovessero arrivare il giovane rampante (Trubin, strano che Zenga non lo conosca) e l’esperto affidabile (Sommer e dintorni). Sarebbe la strategia perfetta, anche i più nostalgici di André riuscirebbero presto a farsene una ragione. La vita di un club deve continuare, in attesa di tempi migliori. Perché poi c’è lo Skriniar di turno che un anno fa aveva garantito di voler diventare una bandiera dell’Inter, pochi giorni fa ha invece aggiunto che non ci ha pensato un nano secondo quando è arrivata l’offerta del Paris Saint-Germain. I gemelli Skriniar con idee diverse, ci mancava soltanto questa.

José Mourinho si è presentato con un profilo basso, bassissimo, al raduno della Roma. Qualche giorno prima aveva detto di non essere dispiaciuto per Frattesi, di non aver dubbi su Dybala, di non aver chiesto qualcosa di particolare sul mercato. Come se fosse l’allenatore più felice sulla faccia della terra. Una strategia giusta e un po’ paracula della serie “lascio agli altri il pallino, tanto sanno cosa voglio e non è carino tormentarli o stalkerizzarli”. Giusto, i calcoli si fanno alla fine e un bilancio di metà luglio sarebbe assolutamente ridicolo. A Mou hanno preso N'Dicka e Aouar, gli manca un attaccante come il pane e forse (senza forse) un centrocampista in grado di alzare il tasso di qualità a disposizione. Non ci sono grandi rimpianti per l’addio di Wijnaldum, non è stato un successo per via del grave infortunio che ha condizionato l’intera stagione, sarebbe stato un bagno di sangue economico riproporlo. Ma è l’atteggiamento di Mourinho che sta trasmettendo serenità: per quasi tutti sarebbe andato via, invece ha voluto rispettare il contratto, possibile che si liberi a zero il prossimo giugno per valutare le possibilità top in giro per l’Europa (Real compreso), ma adesso si concentra solo sulla Roma. Anche i muri sanno che ci sono stati momenti di fibrillazione con il suo uomo mercato Pinto, probabilmente Mou si sarebbe aspettato maggiore rapidità in alcune operazioni e un decisionismo diverso. Pinto ha una parte della critica a suo favore comunque vada, classico stile italiano, è stato lodato per aver aver fatto cassa entro fine giugno, racimolando quasi tutti i 30 milioni che servivano al club. Giusto. Ma le lodi per un traguardo parziale lasciano il tempo che trovano, non dimentichiamo che Il mercato di Pinto non ha consentito alla Roma di andare in Champions per due stagioni di fila. E non si tratta di un dettaglio: teniamone conto quando si celebrano i traguardi parziali come se rappresentassero una Champions League alzata in cielo.

Sergej Milinkovic-Savic vola in Arabia Saudita, sceglie l’Al-Hilal e decide per un altro calcio – molto remunerativo dal punto di vista economico – nel pieno della sua maturità. Le scelte sono scelte, molto personali, e non ci permettiamo di disquisire. Soltanto qualche appunto in ordine sparso: ha vinto ancora una volta Claudio Lotito che voleva moneta vera (40 milioni) per liberare il suo “cammello” pregiato e non si è spostato di una virgola. Più o meno come fece in quella torrida estate del 2017, incassò 30 milioni per Keita, lo mando al Monaco quando tutti stavano a fare il funerale per un contratto sempre più vicino alla scadenza. Ha vinto ancora Lotito, adesso è normale pensare che debba fare in fretta per regalare i rinforzi a Sarri e per fare in modo che la stagione prenda subito la giusta piega senza ritardi. Kezman, l’agente di SMS, aveva avvertito tutti che dall’Arabia sarebbe arrivata un’offerta sontuosa, aggiungendo che l’intenzione era quella di non prenderla troppo seriamente in considerazione. Quel “mai dire mai” a corredo delle sue dichiarazioni erano però un avvertimento, un messaggio alla Nazione. Milinkovic-Savic ha aspettato a lungo la Juve, aveva un accordo lo scorso novembre, poi sono accadute mille cose. Tra Juve e Lazio ci sono stati contatti, mai un incontro fissato, e l’operazione sarebbe stata possibile soltanto se ci fosse stata un’accelerata al capitolo “cessione”. Ma l’attesa sarebbe stata infinita con il rischio di dover aspettare chissà per quante settimane. Così Milinkovic-Savic ha aperto all’altro calcio, quello delle cascate di milioni. Dispiace che a 28 anni esca fuori dal grande giro, ma importante che sia contento lui. Gli otto anni in maglia Lazio sono stati indimenticabili, lo hanno amato come un idolo insostituibile, il Sergente di tutti. Adesso un’altra vita calcistica, in bocca al lupo.

Contemporaneamente il trionfo di Lotito: il “cammello” glielo hanno pagato con moneta sonante.

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