Dagli sbagli si impara, ma poi bisogna dimostrarlo coi fatti… fino a Temple Bar

“Ci pensi più a noi… tra la foschia di Temple Bar”, cantava Tiziano Ferro in “111”, il suo disco migliore probabilmente, uscito nell’anno di grazia per eccellenza della storia rossonera, il 2003 di Manchester. Chi l’avrebbe detto, che 11 anni dopo, saremmo stati qui a sognare Temple Bar, il celebre quartiere della movida di Dublino. E’ lì che si svolgerà la festa nella notte del 22 maggio di chi vincerà l’Europa League: i pub saranno pieni, le sciarpe e i cori daranno vita a un Carnevale in ritardo. Sperano di essere esattamente lì i tifosi del Milan, perché la così detta “Operazione Dublino” è l’ultima speranza di un’annata di sofferenza, la seconda di fila. Domani a Roma si va per aggiudicarsi una seria ipoteca pressoché definitiva sulla qualificazione alla prossima Champions, poi davvero occorrrerà pensare solo a 7 partite, quelle europee, e lasciare che in Italia l’aritmetica faccia il suo corso, senza troppe ansie o aspettative. Quelle che invece ci sono e devono esserci dallo Slavia Praga in poi: la tanto vituperata Europa League non è la Champions e non lo sarà mai, ma resta comunque una coppa importante, da mettere in bacheca più prima che poi. Anche perché, con la fine del regolamento che retrocedeva 8 squadre di Champions, il Milan si augura di non giocare più a questo livello per tantissimi anni, in favore stabilmente dell’Europa che conta.
E venendo a faccende puramente di campo, la riflessione interessante parte da Milan-Atalanta e arriva all’11 aprile, la data in cui ci sarà la gara di andata dei quarti di Coppa. Posto che lo Slavia non è da sottovalutare, chiedere alla Roma per referenze, è l’infermeria per una volta a servire un assist prezioso da raccogliere: i ritorni di Kalulu e Tomori sono troppo cruciali per essere ignorati: due degli eroi dello Scudetto più bello di sempre. Lo scorso anno il Milan trovò la sua quadratura e il passaggio del turno contro Tottenham e Napoli, tutt’altro che da favoriti, mettendosi a tre dietro e giocando di rimessa. Dodici mesi dopo, la stessa mossa può essere quella giusta per andarsela a giocare in stadio come Anfield o la BayArena, apparentemente inespugnabili. Kalulu braccetto destro, Fik a sinistra, promuovendo Matteo Gabbia e la sua meravigliosa sicurezza da quando è tornato dalla Spagna, in mezzo alla difesa. Aggiungere la possibilità di utilizzare un equilibratore come Musah a destra di centrocampo, preferibile rispetto agli errori di Calabria quando Florenzi dovrà tirare il fiato, e la formula è servita. Perché sbagliare è umano, ma poi bisogna imparare e dimostrarlo coi fatti: questa squadra che prende troppi gol, non può chiudere l’anno senza equilibrio. E chissà che la difesa a tre non sia anche il futuro a lungo respiro del Milan 2024/25…

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