Il Real Madrid non muore mai. Bayern, quanti rimpianti

Non ci sarà il replay della finale del 2012: il pass per Wembley, dopo il Borussia Dortmund, a strapparlo è il Real Madrid. Una partita rocambolesca che ha vissuto più fasi all’interna di essa: poco spettacolare rispetto all’andata, con nessuna delle due formazione che ha voluto osare o rischiare soprattutto nella prima frazione di gioco. Nella ripresa i bavaresi sono passati in vantaggio con un gran gol di Alphonso Davies, che da oggetto dei desideri di Florentino Perez poteva diventare l’uomo capace di infrangere i sogni Blancos. In queste annate, oltre a una tecnica invidiabile e un carattere che un club glorioso come il Real ha nel proprio DNA, Carlo Ancelotti ha dimostrato di avere un feeling particolare con questa coppa.

Il Real non muore mai, non è stata la prima remuntada del Bernabeu e non sarà di certo l’ultimo. Perché se il Bernabeu ha qualcosa di magico e inspiegabile, lo stesso si può dire di una squadra che ha nella Champions la sua massima aspirazione. Ed ecco che Joselu, il protagonista meno atteso, si prende la scena e va oltre i vari Bellingham e Vinicius Jr. Dall’altra parte c’è amarezza e diversamente le cose non potrebbero andare: il Bayern Monaco ha sottovalutato la forza e il carattere degli avversari e, nonostante le scelte quantomeno discutibili e da poter analizzare di Marciniak, staccare la spina equivale a un vero e proprio autogol.

Nessun derby tedesco in finale di Champions League: in finale, contro il Borussia Dortmund, ci va il Real Madrid che proverà a infrangere l’ennesimo record della propria storia. Niente, però, è scritto. Proprio il Dortmund insegna, perché tutti avevano già pronosticato un Kylian Mbappé contro la sua futura squadra. Ma in finale, a Wembley, ci andrà Marco Reus. Per scrivere, forse, un’altra memorabile pagina di calcio.

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