Alex Schwazer vuole tornare a gareggiare: “Pronto a chiedere giustizia”

L’atleta azzurro, squalificato dopo una vicenda di doping che destò grande clamore, torna a parlare e a chiedere che il suo caso possa essere rimesso in discussione dalla giustizia sportiva

Schwazer
Alex Schwazer all’epoca della vittoria della 50KM del mondiale 2016, vittoria che poi gli fu tolta (Getty Images)

Il caso di Alex Schwazer, il marciatore azzurro che vinse l’oro olimpico di Pechino e che fu squalificato due volte, nel 2012 – prima delle Olimpiadi di Londra – e nel 2016, quando si stava preparando alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, torna a fare discutere.

Il caso Schwazer

Schwazer ha parlato della situazione nel corso di un incontro on line organizzato dal Panathlon Club di Milano. Schwazer non vuole una riabilitazione ma pensa di poter tornare alle gare, dopo una squalifica a otto anni sancita dalla IAAF: “L’unica cosa che mi interessa è quella di essere nuovamente giudicato da un organo di giustizia sportiva. Al momento abbiamo già ottenuto una grande vittoria dopo 4 anni di battaglia legale. Ma sono ancora una volta completamente solo…”

Schwazer chiama in causa il CONI e la Federazione italiana atletica, la FIDAL: “Sono pronto personalmente a fare ricorso, devono avere al mio fianco anche le istituzioni sportive italiane. Sto ancora aspettando un riscontro da parte loro. Poi posso anche perdere la mia battaglia legale, ma almeno non sarò da solo. C’è un magistrato che ha riaperto la questione, ed è una cosa seria”.

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Battaglia legale

Schwazer si rifersce al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano. La giustizia ordinaria ha archiviato il processo penale nei confronti dell’atleta “per non avere commesso il fatto”. Una decisione ufficializzata il 18 febbraio scorso che accoglie la tesi della difesa di Schwazer secondo la quale i campioni di urina erano stati contraffatti per screditare il marciatore e il suo allenatore, Sandro Donati.

Schwazer attacca anche la WADA, l’agenzia internazionale antidoping: “Prende un milione di dollari all’anno dal nostro governo. Solo altri tre paesi al mondo pagano di più. Credo che sia un atto dovuto nei confronti degli atleti italiani e del Coni. Di fatto con una sentenza del genere IAAF e WADA sono obbligate a rivedere le loro decisioni. La stessa cosa è stata fatta in passato quando faceva comodo. Se la magistratura fornisce le prove la WADA le acquisisce, cosa che è accaduta per Amrstrong. E in caso contrario, perché la cosa non vale?”

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