Il ciclismo piange la scomparsa di una delle sue figure più amate e rispettate, un punto di riferimento che lascia un vuoto incolmabile.
Il ciclismo è uno sport che si porta dietro un fascino antico, fatto di salite infinite, sudore, cadute e rinascite. È la disciplina dei sacrifici estremi, delle levatacce all’alba, dei chilometri macinati sotto il sole o la pioggia, di gambe che bruciano e di cuori che battono all’unisono con la strada.

Però, va detto, il ciclismo è stato anche uno sport spesso macchiato dal lato oscuro del doping, dalle ombre che hanno minato la sua credibilità e ferito la sua immagine. Nonostante tutto, resta una passione popolare, capace di raccontare storie di uomini e donne che hanno dato tutto pur di onorare la bicicletta e la corsa.
Il ciclismo perde una figura importante
E proprio in queste ore è arrivata una notizia che ha gelato tifosi e addetti ai lavori. È scomparso infatti uno dei nomi più noti del ciclismo italiano, una persona che, senza ombra di dubbio, ha saputo incarnare la parte più nobile di questo sport. Non parliamo di un campione che ha vinto tappe o grandi giri, ma di una figura che, dietro le quinte, ha garantito la salute e la sicurezza degli atleti per decenni. La notizia ha lasciato tutti senza parole perché a venire a mancare è stato Giovanni Tredici, storico medico del Giro d’Italia, conosciuto da tutti semplicemente come “il dottore del Giro”.
Il suo cuore ha smesso di battere a 81 anni, chiudendo un capitolo lungo ben quarant’anni vissuti al seguito della corsa rosa. Per tanti appassionati, Tredici non era solo un volto familiare nelle fasi più delicate delle tappe, ma una sorta di garante della correttezza e della cura verso i corridori. Sempre presente, discreto, puntuale, era diventato un simbolo di professionalità e dedizione.

– sportitalia.it)
La Federciclismo ha voluto rendergli omaggio con un comunicato che non lascia spazio a interpretazioni: “Scompare con lui una delle figure di riferimento non solo nel mondo del ciclismo ma in quello più ampio dello sport per quanto riguarda l’assistenza durante le gare”.
La sua perdita pesa enormemente perché il dottor Tredici ha incarnato un modello raro, soprattutto in un’epoca in cui lo sport era tormentato da sospetti e scandali. Mentre tanti cercavano scorciatoie, lui rappresentava l’etica del lavoro, la dedizione silenziosa e l’impegno costante al servizio degli altri. Era lì nei momenti di gioia, quando il vincitore alzava le braccia al cielo, ma soprattutto nei momenti difficili, quando un ciclista crollava a terra o il dolore rischiava di prevalere sulla gloria.
Oggi resta il ricordo di un uomo che ha saputo fare la differenza non con i riflettori addosso, ma con la sua presenza instancabile al fianco degli atleti. Lascia i suoi tre figli, Stefano, Paola e Francesco, tutti e tre medici come lui, che raccolgono un’eredità non solo familiare ma morale. Un’eredità fatta di passione, professionalità e amore per lo sport. Il ciclismo, e non solo, lo saluta con riconoscenza, consapevole che figure come Giovanni Tredici sono davvero insostituibili.






