E’ andato tutto come doveva andare, ma Max Verstappen ha dovuto dire addio al sogno di raggiungere il record detenuto da Michael Schumacher
L’immagine che resterà impressa di Abu Dhabi non è soltanto quella del traguardo illuminato dai fuochi d’artificio, ma anche quella di un campionato che ha cambiato padrone per soli due punti. L’ultimo appuntamento del Mondiale 2025 ha confermato ciò che si era intravisto nell’ultima parte di stagione, ossia un equilibrio sottile, fragile, fatto di margini minimi e di dettagli che hanno pesato più di un secondo in qualifica. Max Verstappen ha portato a casa la vittoria finale sul circuito di Yas Marina con la tranquillità di chi controlla la gara dal semaforo allo sventolare della bandiera a scacchi. Pole, ritmo imperscrutabile e gestione impeccabile. Tutto perfetto, o quasi. Perché l’aritmetica non perdona, e quando Lando Norris ha tagliato il traguardo in terza posizione, quel podio è bastato per incoronarlo campione del mondo per la prima volta nella sua carriera. Una pagina storica per il pilota britannico, per la McLaren e per un’intera generazione che aspettava questo momento.

La gara, in sé, è stata un concentrato di tensione contenuta. Verstappen ha gestito, Oscar Piastri ha cercato di impensierirlo senza mai trovare il varco giusto, mentre Norris ha corso con la consapevolezza che gli sarebbe bastato evitare il disastro. Una corsa mentale più che muscolare, un Gran Premio che ha chiuso un’annata imprevedibile, dove nessuno ha dominato come negli anni passati e in cui la costanza ha contato più della velocità assoluta. Red Bull ha vinto la battaglia finale, ma McLaren ha vinto la guerra lunga nove mesi. E quando i riflettori di Yas Marina hanno iniziato a spegnersi, i volti raccontavano più dei numeri. Gioia, stanchezza, occhi lucidi, sorrisi forzati. La F1, ancora una volta, ha ricordato che dietro le tute e i caschi ci sono persone.
Abu Dhabi, Lambiase a Verstappen: “Hai dato tutto”
E proprio dietro alle visiere è nato il momento più potente della serata. Non tra le curve, ma via radio. Subito dopo aver tagliato il traguardo in prima posizione, Verstappen ha ascoltato la voce del suo ingegnere storico, Gianpiero Lambiase. Una voce incrinata, carica di peso emotivo e di tutto ciò che questa stagione ha chiesto ai due. Max, hai dato tutto. Puoi essere orgoglioso – le parole arrivate dal muretto. Nessuna analisi tecnica, nessuna strategia. Solo un messaggio umano. Poi la risposta dell’olandese, pacata ma densa, quasi un abbraccio a distanza: “Abbiamo dimostrato chi siamo. Io sono orgoglioso. Non dobbiamo essere delusi”. In quel dialogo, breve e sincero, si è concentrato un anno intero: rincorsa, fatica, pressioni, otto vittorie e un titolo perso per un soffio.

Le telecamere hanno indugiato sul volto di Lambiase, visibilmente scosso. Lacrime trattenute, ma non abbastanza. Chi conosce la Formula 1 sa che il rapporto tra pilota e ingegnere di pista è spesso una linea sottile tra tecnica e fiducia, tra dati e sensibilità. A volte, però, si trasforma in qualcosa di più. A contorno della scena, le parole del team principal Laurent Mekies hanno aiutato a leggere il sottotesto: non c’era frustrazione, né addii. Solo liberazione. L’ingegnere, reduce da un anno complicato anche sul piano personale, era tornato nel momento più teso della stagione per accompagnare Verstappen nella rimonta. Insieme hanno risalito una montagna quasi impossibile, arrivando a sfiorare l’apice finale.






