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Gli buttano giù lo stadio, bufera nel baseball: interviene l’UNESCO

Dopo le polemiche per lo stadio San Siro di Milano, un altro stadio storico sta per essere cancellato. Nel baseball si è scatenata la bufera.

Il dibattito che da anni accompagna il destino di San Siro ha ormai superato i confini cittadini. Lo stadio simbolo di Milano, culla di derby, finali europee e notti leggendarie, è diventato il paradigma di una questione più ampia: cosa fare degli impianti storici quando non rispondono più agli standard del calcio moderno? Demolire, ricostruire, conservare, rifunzionalizzare. Intorno al Meazza si intrecciano interessi sportivi, economici, urbanistici e soprattutto culturali, con una città chiamata a scegliere tra memoria e futuro.

Ma San Siro non è un’eccezione isolata. In molte metropoli globali, impianti storici si trovano oggi al centro di progetti di rigenerazione che vanno ben oltre lo sport. Stadi che per decenni hanno rappresentato identità collettive diventano improvvisamente ostacoli fisici, energetici e logistici. E così la discussione si sposta dal semplice “nuovo stadio sì o no” a una domanda più profonda: quale modello di città vogliamo costruire attorno allo sport?

Negli ultimi anni, l’idea dello stadio come luogo utilizzato solo una volta a settimana è stata progressivamente superata. Le grandi capitali puntano su impianti multifunzionali, integrati nel tessuto urbano, capaci di generare valore economico continuo attraverso eventi, spazi commerciali, uffici e aree verdi. È una trasformazione che promette investimenti miliardari e ritorni importanti, ma che spesso entra in collisione con il valore simbolico e paesaggistico dei luoghi storici. Ed è proprio in questo solco che si inserisce un caso internazionale destinato a far discutere a lungo, perché unisce sport, patrimonio culturale e una forte mobilitazione civica. Un caso che dimostra come il destino degli stadi non sia più soltanto una questione di calcio, ma una cartina di tornasole delle scelte urbane del XXI secolo.

Tokyo e il Meiji Jingu Stadium: sport, memoria e scontro culturale

A Tokyo, nel cuore del distretto verde di Jingu Gaien, si trova uno degli impianti sportivi più carichi di significato dell’intero Giappone: il Meiji Jingu Stadium. Inaugurato nel 1926, è il secondo stadio di baseball più antico del Paese e ha ospitato momenti che appartengono alla storia dello sport mondiale, compresa la celebre tournée del 1934 con leggende come Babe Ruth e Lou Gehrig. Eppure, anche questo stadio è destinato a scomparire. Il piano approvato nel 2023 prevede la demolizione completa dell’impianto e la sua ricostruzione in una diversa posizione all’interno dello stesso comparto urbano. L’intervento fa parte di un progetto di rigenerazione molto più ampio: quasi 28 ettari di superficie, nuove strutture sportive, torri direzionali, hotel, spazi commerciali e grandi aree pedonali. L’investimento complessivo è stimato in 349 miliardi di yen, circa 2,2 miliardi di euro, interamente finanziati da un consorzio privato.

Palla baseball
Tokyo e il Meiji Jingu Stadium: sport, memoria e scontro culturale – Sportitalia.it (screen Youtube)

La conclusione dei lavori è fissata al 2036, ma il progetto ha acceso una delle più forti proteste urbane degli ultimi anni in Giappone. Associazioni ambientaliste, cittadini e centinaia di esperti hanno denunciato l’impatto sul patrimonio arboreo e sul paesaggio storico, in particolare sui celebri filari di ginkgo biloba, alberi secolari simbolo della città. La questione ha assunto una dimensione internazionale quando ICOMOS, organismo consulente dell’UNESCO, ha lanciato una Heritage Alert, definendo il piano una minaccia concreta per la conservazione del paesaggio urbano storico di Tokyo.

Le autorità hanno risposto promettendo più verde, più alberi e monitoraggi ambientali continui. Ma il nodo resta aperto: è davvero necessario demolire per modernizzare? O esistono alternative capaci di coniugare innovazione e tutela, come dimostrano esempi storici ancora in funzione altrove nel mondo? Il caso di Jingu Gaien, come quello di San Siro, racconta una verità scomoda, perché gli stadi non sono solo infrastrutture sportive. Sono luoghi della memoria, simboli identitari e spazi pubblici. Decidere il loro destino significa scegliere che tipo di città – e di società – vogliamo costruire. Una partita che a Tokyo  è tutt’altro che chiusa.

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