Allegri, le tabelle e gli ossessionati. Da Tiago Pinto a Tiago Punto. Il sogno americano (retrodatato) di Giroud

Quando c’è un allenatore al timone, la valutazione sulla rosa non può essere fatta sugli ultimi cinque-sei mesi. Ma, nel caso di Max Allegri, sui tre anni scarsi di gestione in casa Juve. E sarebbe un disastro. Quando Allegri si è insediato, mettiamo come data il primo luglio 2021, l’organico Juve era quasi all’altezza dell’Inter, uno scarto minimo. In tre anni scarsi è precipitato anche al quarto posto. E sugli ultimi dati pesano due aspetti: gli arrivi di gennaio, Djalo e Alcaraz, più il fatto che qualche giovane arrivato – Yildiz in testa – abbia inevitabilmente portato qualche punto a favore. Ma stendiamo un velo pietoso su due argomenti, partiamo da Djalo e Alcaraz arrivati a gennaio e quasi mai utilizzati. Alcaraz ha visto le briciole prima dell’infortunio e resta impresso il dato “zero minuti” contro l’Udinese quando l’allenatore ha preferito concedere uno scampolo di partita persino al giovane attaccante Cerri. Su Djalo peggio ancora, possiamo di sicuro ammettere due cose: il difensore centrale conosce benissimo la città e i ristoranti di Torino e ha recuperato completamente dal grave infortunio. Di minuti zero virgola zero, di secondi anche, si potrebbe obiettare che la Juve in difesa mai ha avuto necessità, ma ci sono sempre alcuni limiti da non superare. Lo diciamo a beneficio di influencer senza congiuntivo prestati al giornalismo che non sanno leggere una tabella e per la verità neanche scriverla. Un’ultima cosa: partiamo da luglio 2021 e facciamo un bel bilancio, magari coinvolgendo chi – Kostic per esempio – è arrivato per fare l’esterno per diventare un terzino, scorciatoia assurda per poi farlo accomodare perennemente in panchina. Ribadiamo un concetto: se la Juve non prendesse il primo svincolo per cambiare allenatore, sciuperebbe un’occasione più unica che rara. Lo diciamo anche a favore dei pochi ossessionati che restano aggrappati a Max come se fosse l’unica ragione di vita.

Le interviste da 0-0 meglio non farle, soprattutto quando il contenuto è poi sbugiardato o ribaltato il giorno dopo. Tiago Pinto ha voluto raccontare le sue verità, forse sarebbe servita qualche domanda più cazzuta. Ma il mondo si è capovolto quando José Mourinho ha voluto prendere le distanze, chiaro e totale sgradimento rispetto alle “non verità” raccontate da Pinto. In sostanza, Tiago ha detto che tutti gli acquisti erano stati avallati da Mou, che gli piacerebbe andarlo a trovare in Portogallo, che il giorno del suo esonero è stato terribile. Poche ore dopo José ha ribattuto che le interviste di Pinto non gli interessano, che non perde tempo ad ascoltarle e che non ci sono margini perché i due in futuro possano tornare a lavorare in coppia. Fine delle trasmissioni. L’idea resta la stessa: con l’addio di Pinto la Roma ci ha ha guadagnato, il bilancio non può che essere positivo, a maggior ragione se pensiamo ai tanti soldi scaraventati dalla finestra. Ma la puntualizzazione di Mourinho è un passaggio importante che smonta l’intervista del giorno prima e quindi certifica il passaggio da Tiago Pinto a Tiago Punto. Nel senso che è necessario metterci un punto e non parlarne più.

Albert Gudmundsson sarà una bella pepita di mercato, ma al momento non esistono trattative avanzate con tizio o caio. E neanche un suo assenso di massima a chicchessia. Per il Genoa la valutazione di Gudmundsson a gennaio non era inferiore ai 35 milioni, immaginiamo che non sia cambiata e immaginiamo anche che chi fosse davvero interessato (Inter, Juve, Roma, club di Premier) dovrebbe presentarsi con argomenti convincenti alla mano. Gudmundsson alla Fiorentina ci sarebbe andato lo scorso gennaio, poi gli hanno spiegato che sarebbe stato meglio attendere un’opzione estiva e lui non ha battuto ciglio. Ma negli ultimi giorni, credeteci, non si è promesso al suo prossimo club semplicemente perché la situazione è ferma e ci sarà tempo per entrare nel vivo. Quello di Olivier Giroud è un discorso opposto: vuole la MLS da febbraio 2023, non certo dall’inizio di questa stagione ma già sa quando aveva deciso di restare al Milan ancora per un anno e mezzo. La sua è una legittima scelta che chiama in causa la volontà di fare una nuova esperienza umana con moglie e figli. Prevedibilmente Los Angeles dopo una rincorsa presa circa 14 mesi fa: Olivier merita riconoscenza e un sentito “grazie” per la sua straordinaria professionalità che va ben oltre un pallone da sbattere in porta.

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