Una sentenza pesantissima scuote il mondo del ciclismo e mette improvvisamente in discussione il futuro di Tadej Pogacar.
Tadej Pogacar continua a far parlare di sé anche quando non indossa il pettorale, infatti basta una frase, una previsione azzardata o un’opinione fuori dal coro per accendere il dibattito. Il fenomeno sloveno, che ha riscritto le regole del ciclismo moderno con una naturalezza disarmante, è ormai abituato a essere al centro dell’attenzione, però questa volta il clamore non nasce da una vittoria o da una rimonta epica in salita. Arriva invece da parole che suonano come una sentenza, di quelle che spiazzano i tifosi e fanno discutere per settimane.

All’inizio sembra una delle tante analisi di fine stagione, un confronto generazionale come se ne sentono spesso quando si parla di grandi campioni. Nulla di nuovo, almeno in apparenza. Poi però il tono cambia, diventa più netto, quasi definitivo, e il messaggio che passa è forte e senza ombra di dubbio provocatorio. Secondo qualcuno, infatti, il ciclo di Pogacar sarebbe già avviato verso una fase discendente, come se il tempo avesse improvvisamente presentato il conto a un corridore che ha solo 27 anni.
Pogacar fatto fuori, ecco la sentenza
A sorprendere è soprattutto la fonte di queste parole. Jan Ullrich, ex vincitore del Tour de France e simbolo di un’epoca, ha deciso di remare apertamente controcorrente. Per il 2026, l’ex campione tedesco punta il dito non su Pogacar, ma su un altro nome, quello del connazionale Florian Lipowitz. Nella sua visione, sarà proprio lui l’uomo capace di scardinare il dominio dello sloveno. Ullrich non ha usato mezzi termini, sostenendo che gli anni passano per tutti e che prima o poi anche i campioni rallentano. Secondo lui, Lipowitz avrebbe ampi margini di crescita e avrebbe già qualcosa di pronto da mostrare.
La frase che ha fatto più rumore, però, è quella in cui Ullrich sembra archiviare il futuro di Pogacar con una semplicità disarmante. “Le persone invecchiano, i campioni calano… Il nuovo fenomeno è già presente e vi dico io chi è: Florian Lipowitz”. Parole che suonano come una vera e propria bocciatura, quasi una dichiarazione di carriera finita anticipata, almeno ai massimi livelli.

Eppure, guardando alla storia del ciclismo, questo tipo di giudizi affrettati fanno sorridere. Senza ombra di dubbio Ullrich dimentica, o forse ignora volutamente, che Miguel Indurain ha conquistato il suo quinto Tour de France a 31 anni, dominando una generazione intera. Eddy Merckx, il Cannibale per eccellenza, ha continuato a vincere fino ai 32 anni, in un’epoca in cui le carriere erano spesso più brevi e logoranti di oggi. Se guardiamo a questi esempi, appare quantomeno azzardato parlare di parabola discendente per un corridore di 27 anni.
Pogacar, infatti, sembra trovarsi nel pieno della sua maturità sportiva. Ha già dimostrato di saper vincere in ogni contesto, di adattarsi a percorsi diversi e di reinventarsi tatticamente quando serve. La sua fame agonistica non sembra affatto diminuita, però nel ciclismo le parole contano poco se non sono accompagnate dai fatti. Come sempre, saranno le gare a parlare, le salite più dure, i momenti di sofferenza vera, quelli in cui il corpo chiede tregua e la testa deve andare oltre.
Il verdetto di Ullrich resta lì, pesante come un macigno, ma la strada ha una memoria lunga e spesso crudele con chi si affretta a scrivere la parola fine. Pogacar lo sa bene, e probabilmente è proprio questo tipo di sentenze a renderlo ancora più pericoloso. Perché nel ciclismo, senza ombra di dubbio, la verità non si decide a tavolino ma chilometro dopo chilometro.






