Napoli, dallo scetticismo alla gloria: i protagonisti dello scudetto

Napoli è poesia nella sua notte più bella, quella che si attendeva da trentatré anni, quella che si sognava ormai da tanto, forse troppo tempo. Una rinascita si, ma non un riscatto; alle pendici del Vesuvio questa parola non si vuole proprio sentire. Riscatto di cosa? Degli anni ad aspettare ciò che puntualmente sfumava? Di una città che vede nel calcio la chance per tracciare un futuro migliore ai ragazzini figli del Vesuvio? No, questo scudetto è ben altro. Il popolo partenopeo è fiero di questi lunghi anni di attesa, non rinnega nulla. Le lacrime versate, le lezioni imparate e la felicità che il calcio qui ha sempre portato, oltre ogni risultato. Non rinnega i dubbi avuti ad inizio stagione quando è avvenuta una rivoluzione radicale che ha sbigottito tutti, lasciando ampio spazio a critiche e scetticismo. Forse è nata proprio da lì la forza di questo Napoli, la volontà di dimostrare in lungo e in largo le proprie capacità e lo ha fatto nel modo più rumoroso possibile, diventando una corazzata impenetrabile e inarrestabile che si è aggiudicata il titolo di Campione d’Italia con cinque giornate d’anticipo.

La rivoluzione estiva, i dubbi hanno portato alla gloria del Napoli

La calda estate del 2022 porta con se non poco rammarico, le bandiere della Napoli moderna lasciano il nido. Quanta angoscia negli occhi dei napoletani che vedono un abisso davanti. Un vuoto apparentemente incolmabile quello lasciato da Mertens, Insigne, Koulibaly e Fabian Ruiz che sembra tracciare la strada verso lo strapiombo. Ma il piano di De Laurentiis e di Giuntoli non ha crepe, è visionario e non desta sospetti nei grandi club che da anni sono protagonisti della scena italiana.
Si pesca qua e la, si da un’occhiata al portafogli e si agisce in economia. Che furbi i napoletani eh? Ad oggi dirlo è facile, qualche mese fa però suonava solo come una scommessa fatta con il destino.
Arrivano Raspadori, Simeone, Ndombele, Anguissa, Olivera, Ostigard ma anche Kim e Kvaratskhelia. E qui arriva il difficile, profili nuovi per certi versi tutti da studiare e analizzare. Il compito più duro tocca al condottiero, bisogna far capire a chi è appena arrivato cosa vuol dire Napoli. Luciano Spalletti ha grandi meriti, ha il pugno duro e vieta i mezzi termini, in poco tempo dai singoli costruisce una squadra che prosegue indisturbata consolidando la vetta della classifica di volta in volta.

Da Insigne a Di Lorenzo, appartenenza e affidabilità

La fascia da capitano passa da Insigne a Di Lorenzo che la salda al braccio per tutte le 33 partite della stagione, la cede solo una volta in campionato quando nella gara d’andata contro il Sassuolo viene sostituito a dieci minuti dal triplice fischio. Assume velocemente le sembianze di un capitano esperiente, il legame con la maglia non manca di certo, la città lo adora e in campo è sempre determinante. Prima di ogni sfida non può mancare il suo discorso alla squadra, messa in cerchio a bordocampo e abbracciata.

L’uomo mascherato che ha fatto impazzire Napoli

Poi c’è l’uomo mascherato, facilmente condizionato dalla scaramanzia napoletana non ha mai abbandonato la sua maschera portafortuna che indossa dall’infortunio allo zigomo avvenuto in Inter-Napoli. Caso vuole che quando ha smarrito la maschera il Napoli ha avuto una piccola défaillance. Victor Osimhen è l’uomo dello scudetto, nonché miglior marcatore della Serie A fin qui, con 22 gol in 27 presenze. Arrivato in terra partenopea nel 2020 ha avuto un crescendo spettacolare fino a ritrovarsi campione d’Italia con in tasca uno scudetto che porta il suo nome in prima linea.

Il georgiano protetto da Maradona, Khvicha Kvaratskhelia

Ha fatto scappare un sorriso non appena è stata resa nota la notizia del suo arrivo, da subito argomento di discussione per il suo cognome dalla difficile pronuncia che lungo lo stivale è stato storpiato in ogni modo. Khvicha Kvaratskhelia è stata la sorpresa più grande di quest’annata spettacolare. 22 anni e il mondo del grande calcio lo conosceva appena, ma sono bastati 90’ per rimediare. L’esordio del georgiano al Maradona è stato a dir poco perfetto, una doppietta messa a segno e gli occhi increduli di migliaia di appassionati puntati su di lui. Si fa presto a trovare somiglianze con il Dios, Kvaradona è il suo soprannome in città. Napoli è già ai suoi piedi, ma il georgiano è ancora incredulo e dopo il pari di Udine che vale il tricolore crolla in lacrime di gioia con le mani sul volto e la bandiera della Georgia sulle spalle.

L’eroe silenzioso che in regia detta i tempi, Stanislav Lobotka

Sempre presente e perennemente il nemico numero uno degli avversari, Stanislav Lobotka è una delle chiavi vincenti di Spalletti, che lo impiega in tutti e 33 i match disputati. Non compare nel tabellino finale, ma resta in regia a tenere le redini del gioco e lo fa clamorosamente bene. Lo si può definire il cervello di questo Napoli che in campo alle rivali non lascia neanche le briciole, raccoglie tutto e successo dopo successo riporta a casa lo scudetto dopo trentatré anni.

Kim, erede senza rimpianti di Koulibaly

C’è poco da dire sulla scommessa difensiva fatta da Giuntoli che è andato a pescare un centrale con un solo anno di esperienza europea dal Fenerbahce. Kim Min-Jae è un muro impenetrabile, invidiato da chiunque e studiato da ogni tecnico e match analyst di Serie A. Niente da fare, non si supera e in più palla al piede è irrecuperabile. Per chiudere in bellezza ha pure messo a segno due reti. Kim non fa rimpiangere neanche per un secondo il suo predecessore, Koulibaly.

Meret… che sicurezza per il Napoli!

23 reti subite in 33 gare, numeri che fanno la differenza per Alex Meret. Sull’uscita della porta nella scorsa estate, l’estremo difensore era pronto per salutare Napoli, poi la svolta. Torna a protezione dei pali e non si smuove più, ritrova la fiducia di Spalletti e della città e diventa una colonna portante del Napoli campione d’Italia.

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