di Filippo Gherardi
Nel club dei grandi della Moto Gp si aggiunge, doverosamente, il nome di Jorge Martin. Il madrileno conquista il suo secondo titolo mondiale in carriera, il primo in assoluto in classe regina, ma soprattutto diventa il primo pilota a vincere la corona più ambita pur correndo con un team satellite.
L’ultima fatica di Barcellona va in archivio con un Bagnaia che fugge già dai primi giri, conquistando l’undicesima vittoria stagionale, e la quinta doppietta in questo campionato dopo il successo nella Sprint Race del sabato. Martin, dal canto suo, lucido e convinto dei propri mezzi si accontenta di un terzo posto senza troppe insidie, contando i giri ed infine i metri che lo separano dall’ultima bandiera a scacchi, quella che sancisce l’epilogo più atteso.
Jorge il madrileno, o se preferite e per tutti Martinator, ragazzo veloce e sorridente, capace di imparare dai suoi stessi errori, quelli che lo hanno privato, lo scorso anno, di un Mondiale che forse meritava più di questo, anche se questo, di fatto, è il manifesto assoluto di quanto in un campionato di otto mesi la regolarità possa diventare elemento in grado di fare la differenza.
Tre vittorie, sette Sprint, tredici podi e appena due ritiri. E’ con questi numeri, specie se confrontati con quelli di Bagnaia, che si racconta l’impresa di Martin, trascinato da una Desmosedici imprendibile ai limiti della perfezione e da una squadra che lo ha supportato come fosse una famiglia. Il prossimo anno Ducati perderà tanto il team Pramac, pronto ad una nuova sinergia con Yamaha, quanto lo stesso Jorge, affamato di stampare il suo numero 1 di campione in carica sul cupolino dell’Aprilia.
Ha vinto Martin e almeno nei fatti hanno perso Bagnaia e Ducati, ma soprattutto ha trionfato lo spettacolo e l’incertezza, dalla prima tappa del Qatar e fino all’ultima di Barcellona. Solo per questo un bravi a tutti, ora non rimane che darci appuntamento al 2025.