Anche il mondo del rally ha avuto i suoi clamorosi flop: alcune auto, pur firmate da marchi leggendari, hanno deluso ogni aspettativa.
Quando si parla di rally, la mente corre subito alle imprese leggendarie di piloti che domano le strade sterrate, ai salti mozzafiato, al fango e alla neve affrontati a tutto gas. Eppure, non tutte le auto che hanno calcato quelle piste hanno lasciato un segno positivo.

Anzi, alcune sono passate alla storia per motivi decisamente meno gloriosi. Auto nate con grandi ambizioni, magari sostenute da marchi importanti, ma che alla prova dei fatti si sono rivelate dei veri e propri disastri. Inaffidabili, pesanti, sbilanciate o semplicemente inadatte a quel tipo di competizione. E il rally, si sa, non perdona.
Auto da rally, ecco le peggiori
Una delle delusioni più evidenti è stata senza ombra di dubbio la Mitsubishi Lancer Evolution VII. Sì, proprio lei. Una sigla che di solito fa battere il cuore agli appassionati, ma che nella sua settima generazione, pensata per il WRC, non riuscì mai a convincere fino in fondo. Era troppo pesante, poco reattiva rispetto alle rivali e, soprattutto, sembrava aver perso quello spirito “da battaglia” che aveva reso grande la Lancer nelle edizioni precedenti. I risultati, infatti, furono deludenti, con prestazioni mai davvero all’altezza delle aspettative. E considerando la storia del marchio nei rally, fu una caduta fragorosa.

Un’altra protagonista mancata fu la Subaru Vivio RX-RA. Un nome che a molti magari non dice nulla, e in effetti non c’è da stupirsi. Era un’auto minuscola, con un motore 660 cc, pensata per le competizioni giapponesi, ma poi portata addirittura al Safari Rally nel 1993. L’idea era quella di sorprendere con agilità e leggerezza, però la realtà fu ben diversa: la Vivio faticava a stare in piedi su terreni troppo impegnativi, e il confronto con le altre auto era impietoso. Una scelta azzardata, forse dettata più dal marketing che da una vera strategia sportiva.
Poi c’è la Citroën BX 4TC, un progetto nato male e finito peggio. Era pensata per il famigerato Gruppo B, ma arrivò tardi e con soluzioni tecniche poco riuscite. Il peso era eccessivo, la distribuzione delle masse sbilanciata, il motore turbo poco affidabile. Nonostante l’impegno, Citroën si trovò presto costretta a ritirarla e il progetto fu un vero e proprio buco nell’acqua. In pista fu un disastro, fuori dalla pista pure: le pochissime versioni stradali vendute vennero addirittura riacquistate dal marchio per essere demolite.
E non possiamo dimenticare la Mazda RX-7. Una coupé sportiva straordinaria per l’uso stradale, ma poco adatta alla brutalità del rally. Il motore rotativo era il suo fiore all’occhiello, però nei percorsi misti e nelle condizioni più dure si rivelava fragile e assetato. La RX-7 provò a dire la sua anche nei rally africani, ma senza risultati concreti. Mancava di trazione integrale, aveva un’erogazione difficile da gestire e, in definitiva, non era la macchina giusta per quella disciplina.
Insomma, anche i grandi marchi sbagliano. A volte basta poco: una scelta tecnica sbagliata, un progetto affrettato o semplicemente l’auto sbagliata nel momento sbagliato. Queste vetture, nel bene o nel male, hanno comunque fatto parte della storia del rally. E anche se non vinsero, hanno contribuito a rendere questo sport imprevedibile, affascinante e, soprattutto, tremendamente umano.






