Wimbledon è sempre Wimbledon, ma quest’anno tra infortuni, sorprese e polemiche sta succedendo davvero di tutto.
Jannik Sinner passa il turno, ma non lo fa sul campo. O meglio, sul campo c’è salito, però la partita è durata meno del previsto. Il motivo? Un infortunio, ma non il suo. Il suo avversario è stato costretto al ritiro, lasciando via libera all’azzurro, che a sua volta non è certo in perfetta forma.

È evidente che qualcosa non gira nel verso giusto. Non è solo sfortuna o un caso isolato. A Wimbledon, quest’anno, le teste di serie stanno cadendo come birilli. Giocatori dati per favoriti già fuori nei primissimi turni. E non parliamo solo di sconfitte sorprendenti, ma di problemi fisici, ritiri, muscoli che cedono troppo presto.
Wimbledon: violenza inaspettata, arriva la denuncia
C’è anche un’altra storia che aleggia tra i campi in erba, e no, non ha nulla a che vedere con le classifiche o il ranking ATP. È qualcosa di più cupo, qualcosa che con il tennis giocato ha poco a che fare ma che ha fatto molto rumore. Una denuncia, una parola sola che pesa come un macigno: violenza. Wimbledon ed il mondo del tennis si trova così ad affrontare non solo la pressione agonistica, ma anche quella mediatica e morale di chi il tennis lo conosce ed oggi, quasi, non lo riconosce.

E in questo contesto, tra i campi verde smeraldo e i bianchi impeccabili delle divise, si alza anche la voce di chi il tennis lo ha vissuto da dentro, e con uno sguardo critico osserva il presente. Adriano Panatta, uno che il tennis lo ha respirato per decenni, non le manda a dire. In un’intervista recente ha detto chiaramente quello che molti pensano ma pochi hanno il coraggio di dire: il tennis moderno è diventato di una violenza assurda. Parole dure, certo, ma difficili da smentire.
Infatti, basta guardare una qualsiasi partita oggi. I colpi sono diventati veri e propri missili. Si gioca a un ritmo folle, come se ogni punto fosse una questione di vita o di morte. Panatta cita Shelton, che a vent’anni serve palline a 240 km/h. Roba da Formula 1. Ma per quanto può reggere un fisico, anche giovane, a questa pressione continua? Il rischio di rottura è altissimo, e lo si vede: gli infortuni sono all’ordine del giorno, anche tra i più forti.
Se si torna indietro di una generazione, il quadro cambia. Nadal, Djokovic, Federer. Anche loro campioni, anche loro intensi, ma con uno stile diverso. Più tecnica, più costruzione del punto, meno pura potenza. Gli infortuni? Certo che ci sono stati, ma non così frequenti, non così precoci. Per Panatta, e non solo per lui, il tennis sta perdendo qualcosa. La raffinatezza, la varietà, il gioco di strategia. Oggi sembra contare solo chi tira più forte, chi resiste di più allo sforzo. Ma a che prezzo?
La domanda resta aperta, come tante in questo strano Wimbledon. E intanto, tra una vittoria ottenuta per ritiro e una denuncia che scuote l’ambiente, il tennis continua. Ma forse, sarebbe il caso di fermarsi un attimo e chiedersi dove stiamo andando.






