CI sono momenti in cui il tennis giocato viene messo da parte, come nel caso recente agli Us Open. Su Sinner si è scatenata una bufera a dir poco spinosa.
C’è chi con le parole riesce a conquistare platee, e chi invece lascia che siano i colpi sul campo a costruirne la reputazione. Jannik Sinner appartiene senza dubbio alla seconda categoria. L’altoatesino, numero uno del mondo, ha dimostrato negli anni di non amare particolarmente i riflettori lontani dal terreno di gioco. Riservato per indole, incline più al lavoro quotidiano che alla sovraesposizione mediatica, spesso si trova a dover fronteggiare domande che esulano dal tennis giocato e che lo costringono a uscire dalla sua zona di comfort. Il risultato, però, è quasi sempre lo stesso: anche quando appare sorpreso o imbarazzato, Sinner riesce a trasformare il momento in un’occasione di leggerezza, strappando sorrisi e smorzando le tensioni. È una delle qualità che lo rendono così popolare, non solo tra i tifosi italiani, ma anche sul circuito internazionale.

Del resto, la sua immagine va ben oltre la linea di fondo campo. Sinner è ormai diventato un uomo-simbolo dello sport tricolore, scelto da decine di brand che ne hanno fatto il volto delle proprie campagne: dal caffè agli spaghetti, passando per la telefonia fino agli sponsor tecnici. Una presenza capillare che non lascia indifferenti, perché se da un lato rafforza la sua aura da campione globale, dall’altro finisce per suscitare qualche mugugno, soprattutto tra chi ritiene che il tennis rischi di passare in secondo piano rispetto alle logiche di marketing. Non è la prima volta, infatti, che il rapporto tra Sinner e i marchi che lo accompagnano diventa argomento di discussione. Eppure, lui stesso continua a mantenere il profilo di sempre: umile, sorridente, pronto a ridimensionare il clamore mediatico con poche parole e tanta ironia.
Imbarazzo agli US Open, la domanda di Scanagatta e la risposta di Sinner
La scena si è ripetuta durante la conferenza stampa post match contro Vit Kopriva agli US Open. Tra le tante curiosità sul suo debutto e sulle sensazioni dopo l’esordio newyorkese, è arrivata una domanda inaspettata. Il direttore di Ubitennis, Ubaldo Scanagatta, ha posto l’accento sulla costante presenza degli sponsor nelle interviste di Sinner, definendo la situazione frustrante per i giornalisti. Noi giornalisti un po’ soffriamo quando vediamo che le tue interviste ci sono sempre solo quando hai uno sponsor dietro… Se uno non ha uno sponsor, il giornalista sta lì un anno ad aspettare, forse, di intervistarti – ha detto Scanagatta, incalzando il numero uno al mondo con un’ulteriore precisazione: “Vorrei sapere se questa frustrazione la capisci oppure no. Se uno non ha lo sponsor, l’intervista con te non ce l’ha mai, il giornalista deve venire alle conferenze stampa e basta. Vorrei sapere se per te questa cosa l’avverti, ti sembra una frustrazione comprensibile oppure no”.

A quel punto, la reazione di Sinner è stata tanto spontanea quanto efficace. Guardandosi intorno con un sorriso ironico, ha domandato: “Qua c’è lo sponsor?”. Poi ha aggiunto con tono pacato: “Io non lo so sinceramente, faccio le interviste dove mi dicono. Non è il mio lavoro…”. Una replica che ha raccolto risate e ha chiuso il siparietto, sottolineando ancora una volta la filosofia di Sinner: lui pensa a giocare, per il resto c’è uno staff che gestisce la comunicazione e gli accordi commerciali. Il tennis resta al centro, e la sua racchetta continuerà a essere il principale biglietto da visita.






