Hansi Flick, allenatore del Barcellona ha parlato in conferenza stampa, fermandosi ad analizzare anche il vincitore del Pallone d’Oro.
Queste le sue dichiarazioni: “Ho parlato con Yamal ed è motivato a vincere il Pallone d’Oro l’anno prossimo, dopo non averlo ottenuto quest’anno. Anche Dembélé lo meritava. Lui lo accetta ed è motivato. Avrà possibilità di vincerlo, è giovane. Apprezzo che molti del mio team siano in lizza, dice molto su ciò che abbiamo fatto la scorsa stagione. Manca poco al suo ritorno, sta andando tutto bene”. I giornalisti, presenti in sala conferenze, hanno insistito però sull’obiettivo del 18enne spagnolo nel 2026 e Flick ha replicato: “Non amo particolarmente queste cose, ma fa parte del mio lavoro. Era importante per il club, quindi ci sono andato con gli altri. Ho parlato con alcune personalità, mi è piaciuto parlare con persone che ci hanno detto che apprezzano il nostro modo di giocare”.

Dembélé e l’elogio del riscatto
Palleggi discutibili, sguardo assente e poca motivazione: per captare questa immagine bisognerebbe sedersi sulla macchina del tempo e tornare indietro alla presentazione di Ousmane Dembélé come nuovo calciatore del Barcellona. Tra meme goliardici, risate e piovose critiche, l’attaccante in quei pochi minuti aveva già dato un chiaro segnale di quella che sarebbe stata la sua avventura in maglia blaugrana. E tutto questo è stato confermato nei mesi successivi, con il francese che spesso è risultato svogliato, priva di ferocia agonistica. E infatti la sua esperienza in Spagna è stata disastrosa.
Due anni fa siamo qui a parlare di Ousmane Dembélé che ha vinto con assoluto merito il Pallone d’Oro 2025. Tra il padre di Lamine Yamal che ha parlato di furto fino a un’opinione pubblica che ha giudicato immeritato questo trionfo, la realtà è invece un’altra e ben visibile: Dembélé ha meritato il trionfo e le sue cifre parlano chiarissimo. 53 presenze, 35 reti, una Champions vinta da protagonista. Nel 5-0 in finale all’Inter ha contribuito con 2 assist, suo il gol della vittoria a Liverpool e sul campo dell’Arsenal. Sua la tripletta a Stoccarda nella partita che ha mandato il PSG ai playoff.
Dembélé è passato dai capricci di Barcellona all’essere un trascinatore a Parigi. Il lavoro che è stato fatto su di lui, a livello mentale, è stato importante. Un duplice lavoro perché deve sempre esserci la combinazione e la collaborazione di entrambe le parti. L’attaccante ha deciso di fare più di un passo indietro, mettendosi a discussione e resettando quanto di dannoso e superfluo era presente nella sua vita.
E proprio quel click sul telecomando gli ha permesso di salire a un livello spaventoso, perché se la sua espressione facciale fatica a far capire qualcosa, evitando di tralasciare particolari emozioni, è con le sue sgasate, le sue reti e il suo apporto tecnico, tattico e mentale che Dembélé fa capire di essere diventato un calciatore completo e decisivo. Magari non abbiamo ancora un successore di Messi e Ronaldo, magari è vero che Lamine Yamal di Palloni d’Oro ne vincerà 10. Ma è altrettanto vero che quest’anno il trofeo è andato al giusto vincitore. Perché Dembélé è il simbolo della rivalsa, l’elogio del riscatto.






