
L’onda delle manifestazioni pro-palestinesi che ha attraversato l’Italia nelle ultime settimane è pronta a raggiungere anche Udine. A otto giorni da Italia–Israele, la tensione cresce e il calcio torna, suo malgrado, a intrecciarsi con la politica internazionale. La sfida in programma al Bluenergy Stadium, valida per le qualificazioni al Mondiale, è diventata un banco di prova per l’ordine pubblico e per la gestione diplomatica del Viminale.
Fifa: no al rinvio di Italia-Israele
Il sindaco Alberto Felice De Toni ha chiesto il rinvio della partita, ma la FIFA non ha aperto alcuno spiraglio: si gioca, e basta. Un “no” che pesa, considerando le pressioni locali e le preoccupazioni sul fronte sicurezza. Nelle stanze della questura e della prefettura, tuttavia, l’ipotesi di uno stop non è mai stata realmente presa in considerazione. Le istituzioni temono infatti che uno slittamento aprirebbe un caso politico ancora più complesso.
La scelta di Udine
La scelta di Udine, piccola e logisticamente gestibile, è stata dettata proprio dall’esigenza di contenere eventuali proteste. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi segue il dossier in prima persona, in costante contatto con le autorità israeliane. La nazionale di Israele sarà scortata da una sicurezza mista — forze italiane e agenti del Mossad — e verrà ospitata in una località segreta. Nessun contatto con l’esterno, spostamenti riservati, sorveglianza continua: un piano da missione internazionale più che da partita di calcio.
Stadio semivuoto e clima surreale: il calcio passa in secondo piano
Nel frattempo, Udine si prepara a una mobilitazione senza precedenti. In arrivo rinforzi da tutto il Triveneto, con un doppio piano d’azione: una parte delle forze dell’ordine presidierà il centro della città per gestire le eventuali manifestazioni, l’altra garantirà la sicurezza intorno al Bluenergy Stadium e alle delegazioni. “Una situazione nuova per noi”, ammettono fonti della questura di Udine.
Le misure del Viminale
Mentre il Viminale blinda la città, l’interesse sportivo è quasi nullo. I tagliandi venduti fino a questo momento sono appena quattromila, su oltre ventimila a disposizione, nonostante i prezzi popolari (da 14 a 50 euro). La FIGC prova a riempire gli spalti coinvolgendo scuole e società sportive, ma l’atmosfera resta fredda.
La sensazione è che Italia–Israele, più che una tappa verso il Mondiale, si stia trasformando in una partita di sopravvivenza istituzionale. La sfida si giocherà, sì, ma tra barriere, scorte e tanta tensione. E se il calcio, in teoria, dovrebbe unire, a Udine rischia di essere solo di spaccare ulteriormente un Paese già diviso e in allerta.






