Prosegue a Londra il processo che scuote la Formula 1: la McLaren e Zak Brown ancora protagonisti mentre parla un nuovo testimone.
L’aria all’Alta Corte di Londra è tesa, quasi elettrica. Non si tratta di un semplice contenzioso sportivo, ma di un caso che potrebbe avere ripercussioni importanti anche fuori dal paddock.

– sportitalia.it)
La McLaren, infatti, ha deciso di portare in tribunale Alex Palou, il talento spagnolo che negli ultimi anni ha dominato la scena dell’IndyCar, conquistando quattro titoli e attirando su di sé l’attenzione dei grandi team europei.
Processo McLaren si ascoltano i testimoni
Al centro della disputa c’è un contratto rotto e, soprattutto, una promessa che – secondo la difesa del pilota – non sarebbe mai stata mantenuta. La vicenda parte da lontano. La McLaren, nel tentativo di ampliare la propria influenza nel motorsport americano e allo stesso tempo garantirsi un potenziale sbocco in Formula 1, aveva siglato un accordo con Palou, con l’obiettivo di integrarlo nel progetto della scuderia “papaya”.
Tutto sembrava procedere per il meglio fino a quando, nel 2023, il pilota ha improvvisamente deciso di restare con il team Chip Ganassi Racing, rompendo di fatto l’intesa con Woking. Da lì è nata la causa, con la McLaren che oggi chiede un risarcimento di circa 21 milioni di dollari per la presunta violazione del contratto.

Dopo le parole pronunciate nei giorni scorsi dal CEO della McLaren, Zak Brown, ieri è stato il turno di Palou sul banco dei testimoni. Lo spagnolo è apparso sereno, ma deciso a difendere la propria posizione. La linea dei suoi legali è chiara e si basa su un principio tanto semplice quanto potenzialmente dirompente: Palou sarebbe stato convinto a firmare con la McLaren grazie alla promessa di un futuro in Formula 1, promessa che poi non si sarebbe concretizzata. Una volta compreso che l’approdo nel Circus non sarebbe arrivato, il pilota avrebbe ritenuto nullo l’impegno con Woking, scegliendo di restare nel team che gli aveva dato fiducia e successo, ovvero la Chip Ganassi Racing.
Una tesi che, senza ombra di dubbio, mette in difficoltà la McLaren, soprattutto sul piano dell’immagine. La scuderia britannica, da parte sua, respinge con forza queste accuse, sostenendo che il contratto fosse chiaro e vincolante, e che la decisione del pilota di cambiare idea sia stata un atto di grave scorrettezza professionale. Non a caso, Zak Brown ha parlato di “una rottura inspiegabile e dannosa per l’intera organizzazione”.
Il caso continua a far discutere anche tra gli addetti ai lavori, perché apre un tema spinoso: fino a che punto una promessa sportiva, non scritta ma ventilata, può pesare sul valore legale di un contratto? E quanto conta, oggi, la parola data in un mondo in cui i contratti valgono più delle intenzioni?
Il verdetto non è atteso a breve, ma una cosa è certa: questa storia non è solo una questione di milioni di dollari. È un segnale forte, che mostra come i confini tra Formula 1 e IndyCar, tra sogni e realtà, siano più sottili di quanto si possa immaginare. E qualunque sarà la decisione del tribunale, il caso Palou resterà come un precedente destinato a far discutere a lungo nel mondo del motorsport.






