Jannik Sinner, impegnato nell’ATP 500 di Vienna, si ritrova al centro di uno scandalo che rischia di travolgere tutto: abbandonato.
C’è un’aria strana attorno a Jannik Sinner, come se il silenzio elegante con cui è abituato a rispondere alle critiche non bastasse più a spegnere il rumore che lo circonda. Il campione altoatesino, classe 2001, è in campo a Vienna per confermare il suo straordinario stato di forma, ma qualcosa, fuori dal campo, sembra essersi incrinato.

L’Italia lo guarda, lo sostiene, certo, ma anche lo giudica. Perché, senza ombra di dubbio, quando si parla di Sinner non si parla più solo di tennis: si parla di simboli, di identità, di aspettative. E in questi giorni, il suo nome è tornato a finire “sotto processo”.
Sinner abbandonato a Vienna
Questa volta, il processo non si svolge nei tribunali, ma sui social, in tv, tra i commenti degli opinionisti e dei tifosi. È un processo mediatico, di quelli che non lasciano scampo e che, passo dopo passo, trasformano ogni scelta personale in un caso nazionale. Tutto è partito dalla sua rinuncia alla Coppa Davis, un gesto che molti hanno interpretato come un tradimento alla maglia azzurra. Sinner, dopo una stagione massacrante, ha deciso di non rispondere alla convocazione della Nazionale per ricaricare le energie e concentrarsi sui tornei del circuito, ma l’Italia – si sa – non perdona facilmente chi rinuncia ai colori della patria.
E così, eccoci di nuovo al punto di partenza. Sinner finisce nel mirino di chi, già in passato, lo aveva accusato di “non essere abbastanza italiano” per via della sua residenza a Montecarlo. Una scelta logica e comune a moltissimi sportivi, ma che da noi diventa ogni volta un argomento di polemica. C’è chi lo difende a spada tratta, ricordando che è un ragazzo educato, serio e con la testa sulle spalle, e chi invece lo accusa di essere distante, freddo, poco “coinvolto” nel sentimento nazionale.

Infatti, dopo la rinuncia alla Coppa Davis, le critiche si sono moltiplicate. I giornali hanno titolato con toni duri, gli ex giocatori hanno espresso il loro disappunto, e i tifosi si sono divisi. In molti temono che questa vicenda possa lasciare strascichi, anche in campo. Perché, diciamolo, Vienna non è solo un torneo: è un banco di prova anche psicologico. Lì Sinner dovrà dimostrare, ancora una volta, che il suo tennis è più forte di ogni tempesta mediatica. Però, tra gli spalti e i social, serpeggia una sensazione nuova: quella di un affetto che rischia di incrinarsi, di un sostegno che non è più unanime come prima.
Gli italiani, si sa, amano costruire i propri eroi ma anche metterli alla prova. E Sinner, con la sua calma nordica e la sua dedizione silenziosa, è diventato una sorta di specchio di ciò che vorremmo essere e di ciò che temiamo di non essere più: concreti, disciplinati, vincenti. Forse è anche per questo che ogni sua scelta pesa di più. Quando vince, è “uno di noi”. Quando decide diversamente, diventa subito “uno di loro”.
Senza ombra di dubbio, la situazione è delicata. L’Italia del tennis vive un momento d’oro, e perdere il suo campione più rappresentativo proprio in vista della Coppa Davis pesa tantissimo. La paura, adesso, è che l’amore del pubblico cominci a vacillare. Perché, per la prima volta, anche tra i tifosi più fedeli c’è chi si chiede se Sinner senta davvero il legame con la maglia azzurra o se il suo mondo sia ormai solo quello del circuito internazionale.
Ma forse tutto questo clamore dice più di noi che di lui. Jannik Sinner non è cambiato: continua a essere quel ragazzo riservato, serio, concentrato, che lascia parlare il campo. E a Vienna, tra una battuta vincente e un colpo da campione, cercherà di dimostrarlo ancora una volta. Perché alla fine, come sempre, nel tennis e nella vita, la risposta migliore è quella che arriva con i fatti.






