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Ducati fatta a pezzi da Marc Marquez: progetto MotoGP a rischio

Con un mondiale dominato, Marquez si è preso il ruolo di protagonista con merito. Il suo nome però è un innesco pericoloso: una bomba pronta a scoppiare.

Il Mondiale 2025 ha avuto un padrone chiaro e riconoscibile: Marc Marquez. Il suo primo anno in rosso ufficiale si è trasformato in un trionfo senza sbavature, costruito su una superiorità tecnica e mentale che ha ricordato i periodi migliori della sua carriera. La Ducati ha confermato la propria forza strutturale, ribadendo di essere il riferimento della categoria, ma il dominio non è stato privo di crepe.

Se Marquez ha imposto un ritmo insostenibile per la concorrenza, dietro di lui il quadro è apparso più complesso. Bagnaia invece ha vissuto una stagione difficile, segnata da problemi di feeling con l’avantreno e da una continuità mai davvero trovata. Le difficoltà della Desmosedici ufficiale in alcune fasi del campionato hanno messo in evidenza come la moto, pur vincente, richieda un adattamento molto specifico. Anche Fabio Di Giannantonio ha segnalato criticità simili, confermando che il pacchetto tecnico, quando spinto al limite, non offre le stesse certezze a tutti i piloti.

Marc Marquez
Ducati fatta a pezzi da Marc Marquez: progetto MotoGP a rischio – Sportitalia.it (screen Youtube)

Alle spalle del binomio Ducati-Marquez, il campionato ha mostrato segnali di risveglio importanti. Aprilia e KTM hanno ridotto il gap nella seconda parte della stagione, portando in pista soluzioni più efficaci e una competitività più diffusa. Marco Bezzecchi ha capitalizzato una crescita costante, mentre i giovani hanno iniziato a bussare con insistenza alle porte dell’élite.

In questo contesto, la Ducati ha già avviato un doppio binario di sviluppo: da un lato la GP26, necessariamente conservativa per i vincoli regolamentari; dall’altro la GP27, pensata per il nuovo corso tecnico del 2027, con Michele Pirro e Nicolò Bulega impegnati nei test del futuro motore 850cc. Il titolo 2025, dunque, racconta una verità semplice e insieme complessa: Marquez ha fatto la differenza, ma il sistema Ducati è entrato in una fase in cui ogni scelta pesa più che in passato.

Marquez al centro, ma il futuro apre interrogativi: Bagnaia, Tardozzi e l’ombra della concorrenza

Il paradosso della stagione è proprio questo: Marc Marquez domina il mondiale, eppure attorno a lui si addensano interrogativi che riguardano il futuro della Ducati. Il rinnovo del campione spagnolo è considerato una formalità, ma le cifre in discussione – vicine ai 15 milioni di euro – segnerebbero un record assoluto per Borgo Panigale. Un investimento che certifica la centralità del progetto Marquez, ma che inevitabilmente ridisegna le gerarchie interne.

In questo scenario, Pecco Bagnaia appare il nome più esposto. I risultati del 2025 hanno ridimensionato il suo peso contrattuale e tecnico, e la sua posizione non è più intoccabile. Il mercato offre alternative ambiziose, come Alex Marquez, Fermin Aldeguer, e soprattutto Pedro Acosta, profilo che Gigi Dall’Igna segue da tempo con attenzione. La sensazione è che la Ducati stia valutando ogni opzione senza lasciarsi condizionare dal passato, coerente con una filosofia che privilegia il rendimento al sentimento.

Pecco Bagnaia
Marquez al centro, ma il futuro apre interrogativi: Bagnaia, Tardozzi e l’ombra della concorrenza – Sportitalia.it (screen Youtube)

Non meno rilevanti sono le voci che riguardano Davide Tardozzi. Le indiscrezioni su un possibile addio a fine 2026 sono state ridimensionate, ma il tema generazionale esiste. A 66 anni, il team manager resta una figura centrale e carismatica, tuttavia il prossimo ciclo tecnico potrebbe richiedere anche un ricambio nella gestione sportiva. Per ora, tutto lascia pensare a una continuità, ma il dibattito è aperto. Intanto, alle spalle della Ducati cresce una minaccia concreta. Aprilia si presenta al 2026 con una struttura più matura e con l’ambizione di non dipendere da un solo pilota. L’auspicio di ritrovare Jorge Martin in piena efficienza si accompagna a un progetto che punta sulla profondità del reparto, non su un unico fuoriclasse. È qui che si annida il rischio più grande: replicare, seppur in scala diversa, lo scenario vissuto da Honda negli anni del post Marquez, quando l’eccessiva centralità del campione finì per rallentare lo sviluppo complessivo.

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