Il 2025 si è chiuso con notizie sorprendenti nel tennis. Dopo la separazione tra Alcaraz e Ferrero, ora si parla del ritorno in campo di Nadal.
La separazione tra Carlos Alcaraz e Juan Carlos Ferrero è una di quelle notizie destinate a segnare un’epoca. Non tanto per il cambio in panchina in sé, quanto per ciò che rappresentava quel rapporto: un progetto nato quando Alcaraz era poco più di un talento grezzo e diventato, nel giro di pochi anni, una macchina perfetta capace di portarlo al vertice del tennis mondiale. Insieme, i due hanno costruito un percorso fatto di Slam, numero uno ATP, crescita tecnica e mentale, dando l’impressione di un’alleanza solida e duratura. Proprio per questo la rottura ha sorpreso l’intero circuito. Le motivazioni ufficiali non sono mai state chiarite fino in fondo, ma è evidente che non si sia trattato di una decisione improvvisa. Divergenze sulla gestione del calendario, sulle attività extra-agonistiche, sui progetti paralleli e su una visione del futuro che non coincideva più hanno progressivamente incrinato il rapporto. Un logoramento silenzioso, culminato in una separazione che ha scosso soprattutto l’ambiente spagnolo, dove Ferrero era visto come il garante dell’equilibrio di Alcaraz.
In questo vuoto improvviso, il tennis spagnolo ha inevitabilmente iniziato a guardarsi allo specchio, tornando a evocare la figura che più di ogni altra rappresenta l’eccellenza assoluta: Rafael Nadal. Non come allenatore, almeno per ora, ma come simbolo e riferimento culturale. Parlare di Nadal significa parlare di numeri che difficilmente verranno eguagliati: 22 titoli del Grande Slam, 14 Roland Garros, 92 titoli ATP, 36 Masters 1000, 5 Coppe Davis e 2 ori olimpici. Un dominio senza precedenti sulla terra battuta e una carriera segnata da una resilienza fuori dal comune, capace di superare infortuni devastanti e tornare sempre competitivo. Il 2025, che sembrava l’anno del definitivo passaggio di consegne tra generazioni, rischia così di chiudersi con un colpo di scena simbolico: il ritorno di Nadal al centro della narrazione tennistica, non più come giocatore ma come figura capace di influenzare il futuro del tennis spagnolo.
Il casting per la panchina di Alcaraz: il sogno Nadal e le alternative concrete
Se nella prima fase il nome di Rafael Nadal resta sullo sfondo, nella seconda il suo ritorno assume contorni più concreti, almeno sul piano teorico. In Spagna l’idea di vedere Nadal come allenatore di Alcaraz affascina tifosi e addetti ai lavori, ma allo stesso tempo appare complicata. Lo stesso maiorchino ha più volte ribadito di non avere, al momento, la volontà di tornare a una vita fatta di viaggi continui, tornei e pressioni quotidiane. Un ostacolo non da poco, soprattutto considerando l’intensità richiesta dal ruolo di coach di un numero uno. Proprio per questo il casting è ampio e articolato. Carlos Moya, ex numero uno del mondo e storico allenatore di Nadal, rappresenta una delle opzioni più credibili: conosce l’ambiente, ha esperienza nella gestione di campioni e garantirebbe continuità sul piano tecnico. Un altro nome forte è David Ferrer, capitano di Coppa Davis, uomo di grande disciplina e serietà, visto da molti come una versione moderna dello stesso Ferrero.

Non mancano profili internazionali. Ivan Ljubicic, con un passato da coach di Roger Federer, porterebbe una visione più globale e un approccio manageriale di altissimo livello. Goran Ivanisevic, reduce dall’esperienza con Novak Djokovic, garantirebbe carisma, conoscenza profonda del circuito e una mentalità vincente maturata ai massimi livelli. Soluzioni diverse, ma tutte accomunate da un requisito fondamentale: saper gestire un talento già affermato, non più un progetto in costruzione. Nel frattempo, Samuel Lopez ha assunto il ruolo di allenatore ad interim, garantendo continuità e stabilità in una fase delicata. Ma è chiaro che la scelta definitiva avrà un peso enorme sul futuro di Alcaraz e dovrà anche avvenire in fretta: gli Austrlian Open sono alle porte.






