Inter, il piano di Oaktree: spazzato via lo scetticismo. E sul mercato…

L’Inter si era appena laureata Campione d’Italia quando, nel pieno dell’atmosfera di festa, giunse quasi come un fulmine a ciel sereno quel comunicato da parte di Steven Zhang nel quale si preannunciava in maniera nemmeno troppo velata, il ribaltone societario che si sarebbe preso la scena nella settimana successiva.
I dubbi rispetto alle prospettive di crescita di una squadra forte dal punto di vista sportivo, ma condannata a vivere sostanzialmente alla giornata per quanto riguarda l’aspetto strategico e di sviluppo economico, c’erano ed erano leciti. Del resto la percezione dell’approdo di un altro fondo di investimento, per giunta americano, nel nostro calcio erano quelle di un destino contraddistinto dall’austerity e dall’abbattimento dei costi in attesa di un nuovo compratore per speculare sulla vantaggiosa escussione appena portata a termine.
La realtà perlomeno per il momento, sta raccontando dinamiche ben diverse. Anzitutto perchè la scelta iniziale del management del fondo Oaktree è stata quella di sposare la “linea Atalanta”, ovvero quella di confermare in blocco lo staff dirigenziale con annessa gestione “illuminata” delle ultime stagioni e già naturalmente rivolta al faticoso tentativo dell’autosostentamento. E di affidarsi alle competenze sportive dei professionisti in questione limitandosi al controllo certosino dal punto di vista economico delle entrate e delle uscite, ma senza negare a prescindere le possibilità di investimento anche importante se relazionate a profili futuribili e destinati alla crescita contestuale sportiva ed economica.
Vanno lette così le scelte di mercato che hanno contraddistinto l’ultima estate: con una spesa vicina ai 30 milioni di euro per due giocatori come Martinez e Palacios che all’atto pratico hanno accumulato solo qualche minuto dallo start up della stagione.
Alla stessa maniera va interpretato il supporto totale dal punto di vista finanziario, alla scelta strategica di blindare con contratti importanti tutti i capisaldi dell’architettura costruita sul campo da Simone Inzaghi. E così, oltre a quella fondamentale del tecnico, sono arrivate le preziosissime firme di Lautaro Martinez, Barella, Asllani, Bisseck e da ultimo Denzel Dumfries. Proprio l’olandese rappresenta un esempio concreto di quanto descritto sino a questo momento: il bivio era rappresentato dalla prospettiva di evitare un adeguamento contrattuale che avrebbe abbattuto il monte ingaggi, e da quella di concederlo per godersi i frutti della rivalutazione economica del cartellino dell’esterno destro che ha incrementato notevolmente il suo valore da quando veste la maglia dell’Inter. Scelta facile, per chi ha la disponibilità economica per potersela permettere, ed intelligente perchè garantisce certezze anche a chi lavora sul campo per il mantenimento degli obiettivi sportivi del gruppo squadra.
Le risposte, del resto, non sono tardate. Ed esattamente come per il gruppo squadra, vedono una crescita contestuale di risultati sportivi e flusso di cassa anche per quanto concerne l’aspetto economico. Il cammino in Champions League con la sequenza di vittorie accumulate, ha già permesso al club di incassare una cifra superiore ai 65 milioni di euro comprendendo risultati, market pool, bonus di ingresso e botteghino. Cifra ragguardevole già di per sé, che andrà sommata agli 11 milioni per il presumibile passaggio agli ottavi della massima competizione continentale, e i quasi 10 che arriveranno a seconda del piazzamento conseguito. Cifre suscettibili di ulteriori rialzi, in base al cammino che andrà poi a contraddistinguere la seconda parte della stagione con il cammino in ambito continentale e non solo.
Una prospettiva allettante, che ha come diretta conseguenza quella di non escludere a priori la possibilità di un ulteriore intervento sul mercato a gennaio, magari per andare a puntellare la rosa in una retroguardia oggettivamente da “svecchiare” e da mettere al riparo da problemi fisici troppo frequenti per potersi godere con tranquillità i frutti del lavoro svolto sin qui.
Il tutto senza tralasciare quell’attività di monitoraggio delle occasioni di mercato con vista sull’estate che potrebbero rappresentare i “capolavori alla Thuram” del domani.
Il nome di Jonathan David, tanto per entrare nel dettaglio, è da mesi negli archivi delle stanze di viale della Liberazione, con quello scambio di battute di inizio agosto che potrebbe diventare qualcosa di più concreto nei mesi a venire. Un discorso che si estende a profili come quello di Ricci, che per quanto costosi non mancano di fare capolino nelle liste evidenziate dalla dirigenza interista.
Nulla di definito, ci mancherebbe, ma la continuità di chi sta gestendo ora la società è una rassicurazione ben più importante di una cessione dolorosa o di un acquisto mancato.

Change privacy settings
×