Lo psicologo e psicanalista Paolo Franchini, che segue anche il difensore dell’Inter Francesco Acerbi, è intervenuto in esclusiva a Sportitalia per parlarci di lui, decisivo nella sfida contro il Barcellona.
Come vi siete conosciuti?
“Io sono di Modena, l’ho conosciuto quando era al Sassuolo. Il dentista da cui andava, lo ha messo in contatto con me, perché gli è nato in testa un dubbio. Che non ha nulla a che vedere con il tumore che ha avuto. Il dubbio era: non è che il mio percorso nel calcio abbia qualcosa a che vedere con qualcosa di irrisolto dentro di me? Una cosa non da tutti”.
Su cosa ha lavorato?
“A differenza del mental coach che lavora sulla motivazione, noi lo facciamo con la consapevolezza. Abbiamo iniziato un percorso che è partito da un tema: il Milan”.
Ci spieghi.
“Una delle prime cose che gli ho chiesto è stata: cos’hai combinato al Milan? E’ la squadra del tuo cuore, hai fatto i salti mortali per andare lì e poi ti sei comportato in quel modo. E’ evidente che si comportasse di un comportamento autodistruttivo, vuoi andare tanto in un posto e, quando ci vai, mandi tutto all’aria”.

E’ stato proprio lui, che stava combattendo dal primo minuto, a portare l’Inter ai supplementari, martedì.
“Caratterialmente è un leone, un bisonte. Non è mica un caso quel gol. Inzaghi ha capito molto bene una sua dote: è un trascinatore. Quando gli altri vanno in crisi, lui si carica. Da ragazzino era centravanti, questo lo ha aiutato a fare quel gol. Aggiungo una cosa”.
Prego.
“Parliamo spesso del fatto che a volte parte e va in attacco (ride, n.d.r.). Non so mica se quella fosse una richiesta di Inzaghi o una sua iniziativa!”.
Come si carica?
“Notate il suo rituale prepartita? Quelle braccia al cielo sono rivolte al padre che è morto. Che era il suo tifoso numero uno ed anche il suo… ‘rompiscatole’ numero uno. Quando giocava, gli sottolineava sempre gli errori che faceva. A volte in auto faceva finta di dormire così non sentiva più le sue correzioni. Quindi le dico un dettaglio: capite ora perché è andato al Milan? Un atto anche di ribellione, suo padre era interista. Alla Lazio ha avuto la fortuna di trovare Inzaghi, che lo ha capito”.
Poi l’addio alla Lazio.
“Gli dissi: Juventus, Inter o Milan, dove vai? Devi andare in un grande club. E aggiunsi: ora basta con questa ribellione, tuo padre tifava Inter, vai lì”.
Inzaghi è diventato quasi un secondo padre per lui?
“Lo ha proprio capito. Inzaghi ha capito che lui è un leader naturale. Un vero rompiscatole: non pensa solo alla sua giocata, ma a corregge tutti i compagni. Quando andò all’Inter, Francesco mi disse: ‘Prof, vado all’Inter e divento titolare’. E non era mica facile concorrere con De Vrij eh”.
Ci racconti di quando fermò Haaland in finale.
“Mi volle a Istanbul con lui. Mi disse: ‘Questo ha dodici anni meno di me prof’. Ma aggiunse: ‘Se lo anticipo, non gli faccio toccare palla’. E così fece. Guardate il gol di Kane con il Bayern: non lo marcava lui in quel frangente, erano scalati”.
Prossima tappa, la finale.
“Nessun timore, è un difensore di livello internazionale. Quando venne chiamato in Nazionale, il suo amico Chiellini scherzò dicendogli: ‘Oh, non mi ruberai mica il posto eh?’. Ora il Paris Saint-Germain, dovremo lavorare anche sui loro attaccanti. Ma quando ci sono grandi attaccanti, lui si carica”.






