L’arte del Kintsugi. Magico Rafa, incantevole in ogni modo. Ruben, da che Pianeta vieni?

Sapete cosa significa “Kintsugi”? Letteralmente, riparare con l’oro. Avete mai visto quelle meravigliose tazze giapponesi piene di venature dorate tanto irregolari quanto suggestive? Il Kintsugi è proprio quello. Una tecnica di riparazione, diventata filosofia nel 1400, in Giappone: il principio che una tazza, anche la più bella, la più preziosa, è destinata verosimilmente a rompersi per la sua natura fragile e precaria. Ma è nella sua riparazione, scrupolosa e precisa, che nasce il capolavoro: perché con lacca e oro, nasce un nuovo oggetto, unico nel mondo, e per questo stupendo. Dalle ferite, nasce l’amore. Dalle imperfezioni, nasce una meravigliosa forma di bellezza. E questo Milan dai mille difetti, dalle mille cicatrici, è ancora qui. Bello e venato d’oro, come solo una tazza kintsugi può essere. Contro il PSG, questa squadra ha dimostrato di poter mettere da parte qualsiasi cosa e diventare meravigliosa: per una notte o per tutto l’anno, forse al momento importa poco. Perché è nella leggerezza d’animo che questo Milan pesantissimo si esalta. Quando il cuore batte, le gambe volano. Quando il domani non importa, importa il “qui e ora”, come disse un  Alessandro Florenzi mai passato di moda, in quel di Verona, in una notte che ancora è sulla pelle di chi ama. Il dettaglio che troppi fanno finta di non notare, è che gran parte di tutto questo è merito della stessa persona che tutti, solo 48 ore fa avevano nel mirino. Di colui che era un errore. Che non meritava di stare in panchina. Di colui che doveva essere “Out”. Il nome di Stefano Pioli, sulla bocca degli stolti, è abbondato come il riso: ma ora è tempo di tacere, per tutti.

Charles Bukowski scriveva: “Io non voglio più qualcuno che mi ripeta in continuazione che ci sarà sempre e non mi lascerà o tradirà mai. Mi basta qualcuno che ogni volta che mi mandi a fanculo, venga sempre a riprendermi”. E Milan-PSG è stato il trionfo di questa meravigliosa citazione. Il qualcuno che giurava amore e ha tradito, ha avuto quello che meritava. Le banconote della Sud sono state quanto di più geniale si sia visto da anni, come anche la coreografia della Curva più bella al Mondo. Menzione speciale per il geniale momento del saluto a Beckham. Battute a parte…  Donnarumma sì, ma soprattutto colui che a fanculo ci manda spesso, ma poi viene sempre a riprenderci. Perché Rafael Leao è stato quanto di più meraviglioso abbiamo visto a San Siro da tanto tempo a questa parte. E i suoi alti e bassi non solo li sopportiamo. Ma li amiamo. Con lui, non ci interessano più i “ti chiedo, ti ho chiesto, vorrei”. Non che non continueremo a farlo, nei momenti di debolezza che abbiamo e avremo sempre. Ma Rafa è un animo libero. E col suo sorriso illumina le nostre notti. Se Rafa sorride, la notte i Milanisti dormono sereni. E non lo cambierebbero mai con nessuno. Con i suoi difetti, le sue imperfezioni. Le sue giornate no, i suoi momenti di isolamento. Il popolo rossonero deve imparare a prendere le misure con una Bestia così unica: che quando scompare manca, ma quando riapparirà ti farà dimenticare tutto. Che se fosse continuo, non sarebbe così Magico. Che in una sera, ti dà quello che il 99,9% non sarebbe capace di darti in una vita. “Alcune persone non impazziscono mai. Che vite davvero orribili devono condurre”. Sì, ancora. Rafa sembra davvero uscito da una pagina di Bukowski. I detrattori parlano ancora dietro. Ma lui, con le sue ali, è già volato via, avanti. Lì dove loro non arriveranno mai.

E poi in tutto ciò, il migliore della serata da sogno non è stato nemmeno Leao. Il nome sulla bocca di tutti, all’uscita da San Siro, era sempre lo stesso. Ruben, Ruben, Ruben. Come avevamo scritto giusto un mese fa,  “La Meraviglia” Loftus Cheek. E con una prestazione dell’altro mondo lo ha confermato ancora. Da che Pianeta vieni, Rubs? Sei l’ossigeno in un momento in cui ci manca l’aria. E lo resterai sempre. La tessera perfetta che sistemerà sempre tutto. L'unico. Che dire "importante" è poco. È molto, molto, tanto di più. Ma dipendere da lui, bello quanto fragile, non è un’opzione. Non è giusto per lui. Non vuol dire dargli più valore: non ne ha bisogno. Il suo valore immenso è oggettivo, sotto gli occhi di chiunque sia in buonafede. E chi non lo è, non ci interessa nemmeno. Questo Milan, anche per Ruben stesso, deve imparare a camminare da solo, a sentirsi bello, a risolvere i suoi problemi anche non trovando sempre e solo il numero 8 in campo. Per quante volte manca e mancherà, suo malgrado, coi suoi infortuni. Perché se ti mostri sempre debole, non sarai mai credibile per nessuno. Nemmeno per te stesso. Forse solo a quel punto, l’incantesimo si compirà: e Ruben, senza pressioni di doverci essere a tutti i costi, non sparirà più. E a giugno, chissà…. Sarà tutto, meravigliosamente stupendo. Stupendo, come quelle cinque lettere che da agosto ci regalano la felicità.

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