La sindrome cinese: l’Inter sta per fallire? L’ombra di Agnelli su Zhang. Il fallimento di Allegri. E l’unico nome per il Milan

Con le notizie di colpo negative per il prestito tra Suning e il fondo Pimco, significa che l’Inter sta per fallire? Manca teoricamente molto poco a saperlo: martedì 21 maggio il prestito ad Oaktree dovrà essere onorato, un giorno in più grazie al bank holiday in Lussemburgo, il giorno di vacanza che tiene chiuse le banche. Ma è inutile ignorare che ci si attendeva al massimo per venerdì il comunicato positivo in merito da parte della proprietà. Diciamo ‘teoricamente manca poco’ perché anche nel caso di scadenza, le cose potrebbero essere nebulose, con un termine ulteriormente posticipato a colpi di carte bollate. Infatti l’ultima tesi più accreditata parlava di accordo trovato con Pimco ma dissenso da parte di Oaktree, che non avrebbe accettato il pagamento attraverso un bond. Adesso l’accordo sarebbe saltato in toto. E insomma: così è stato da sempre. Non c’è una certezza, non c’è una controprova, non c’è uno straccio di pezza d’appoggio inoppugnabile perché nessun attore in causa si esprime in maniera ufficiale e nessuno ha visto realmente i termini del contratto (esiste una percentuale sulla futura rivendita? Si può rifiutare il pagamento in bond? Chissà). Da sempre si possono solo ipotizzare scenari e attendere.

E la domanda delle domande, dopo essersi chiesti se Zhang perderà l’Inter, è: l’Inter fallirà?

Non avrebbe senso. Un usuraio che dovesse ottenere il negozio della persona a cui ha prestato i soldi, farebbe fallire il negozio? Ovvio che no. Ne usufruirebbe o se non vuole rogne lo rivenderebbe. Così accadrà nel caso con l’Inter. Chi la dovesse comprare probabilmente la acquisterebbe a meno di 1 miliardo, dunque risparmiando circa 400 milioni sul prezzo richiesto da Zhang.

Ovvio, sarebbe ideale per gli interisti una situazione più lineare. Ma l’Inter non sta fallendo, semplicemente Zhang sta (forse) per perdere la proprietà.

Certo la situazione diventa paradossale con la notizia dell’ombra di Agnelli che si allunga sui destini dell’Inter.

Non direttamente, ma l’uomo a cui Oaktree ha deciso di affidare la comunicazione in merito è Claudio Albanese. Quel Claudio Albanese che è stato per anni l’head of Communication della Juventus. Ma che in verità è stato braccio destro, sodale, fratello di Andrea Agnelli, più legato di quanto non faccia un vincolo di parentela. Anzi, non è stato, è, visto che è tuttora anche deus ex machina della comunicazione della SuperLega. E dunque Agnelli in qualche maniera c’entra con il destino dell’Inter. Niente come rivincita sulla tua nemesi storica.

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Ha fallito Allegri? Si. Non sportivamente, quest’anno quantomeno. Nell’arco dei tre anni sicuramente, con il disastro europeo l’anno scorso, e quello totale al primo anno quando sì che era favorito per lo scudetto. Ma quest’anno gli obiettivi li ha raggiunti. In maniera a tratti irritabile, ma pur sempre raggiunti.

Il fallimento è lavorativo. La scenata con Giuntoli, più il carico con il direttore di Tuttosport (conta nulla invece quella dell’arbitro), sono il fallimento di chi in pubblico ha detto sempre una cosa e poi in privato ha fatto altro. E fin qui, pace. Ma l’asset di Allegri è sempre stato il lavorare congiuntamente con la società, non una bomba a orologeria tipo Conte, che almeno è garanzia di vittoria.

Ma poi scenata assurda: Allegri lamenta di essere stato messo in discussione quest’anno.

Buongiorno principessa. Benvenuta nella realtà fuori dal castello del reame. Ovvero quella che ogni singolo allenatore vive, da Pioli a Inzaghi che si gioca la Champions, a Mourinho a Sarri a perfino De Rossi alla prima sconfitta. L’atteggiarsi a sopravvissuto di Allegri e il trattarlo come un caso umano a cui esprimere solidarietà da parte della stampa amica, un quadro patetico nel suo complesso.

Anzi Allegri è un miracolato: ha ricevuto da Andrea Agnelli (rieccolo) un contratto di 4 anni, per di più il più ricco, che lo ha blindato da qualsiasi mediocrità sportiva producesse. In condizioni normali sarebbe stato esonerato l’anno scorso. Ancora di più per l’arrivo di una nuova dirigenza, che ha il sacrosanto diritto di scegliersi i propri uomini. E invece gli è stato regalato un anno a 9 milioni in stagione per l’impossibilità di esonerarlo costretti ad onorare ben 2 anni di contratto senza lavorare.

E lui si lamenta pure? Fa la vittima? Ha impoverito il valore tecnico dell’intera rosa tranne Gatti, e piange miseria? Non c’è limite alla superbia – termine usato nel commiato dal tweet velenoso (nei confronti del cugino) da parte di Andrea Agnelli (e sono tre!).

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La settimana scorsa ripetevo per la quarta volta consecutiva nell’editoriale settimanale che l’unico nome con cui il Milan avesse approfondito i contatti oltre quello iniziale era Paulo Fonseca. Cosa che ovviamente ribadisco adesso che tutti virano su questo nome.

Aggiungo di più: i contatti con Paulo Fonseca non sono solo gli unici che sono stati approfonditi. Ma è anche l’unico allenatore con cui si è parlato di progetti e di dettagli. E cosa più importante, è l’unico con cui il round di colloqui abbia coinvolto ogni componente decisionale della società. E ribadisco e sottolineo: ogni componente decisionale della società.

Questo è lo stato dell’arte sul futuro della panchina del Milan al 18 maggio.

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