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Siamo a Verona, nel quartiere Borgo Venezia, punto di riferimento della Virtus, club che milita nel Girone A di Serie C. Qui c’è un manager che da 43 anni è al timone del club. Dalla Terza Categoria alla Serie C, guai, però, a definire Gigi Fresco il ‘Ferguson italiano’. Perché il suo record di longevità “difficilmente verrà battuto da qualcuno”, ha sussurrato a chi si è avventato nel parallelismo qualche mese fa. In realtà in giro per l’Europa c’è chi ha fatto meglio, ricordando Guy Roux al timone dell’Auxerre per 44 anni, poi Willie Maley, col Celtic primi anni Novanta per 43. Ma lui non è distante al primato e farà di tutto per raggiungerlo.
Classe 1961, allenatore, presidente e deus ex machina della Virtus Verona, formazione dalla storia centenaria della città veneta. Non aveva nemmeno vent’anni quando ha varcato la porta del club rossoblu, prima da calciatore, poi come responsabile da settore giovanile e infine alla guida della prima squadra dalla Primavera del 1982, scalando le gerarchie societarie fino a diventare presidente.
La Virtus è la sua vita, un tratto del suo DNA. Da ragazzo, quando giocava, vendeva la carta per finanziare il club. Era l’epoca d’oro del calcio italiano e la Virtus Verona cercava di ritagliarsi uno spazio rilevante nel panorama veneto. Una politica dirigenziale basata sull’essenza in ogni aspetto: tanto lavoro, massima dedizione per il raggiungimento dei risultati.
Una vita tra campo e lavoro. Ha svolto il mestiere di direttore generale dei servizi amministrativi in un istituto scolastico a Ravagno, senza dimenticarsi gli anni di volontariato nelle carceri e con gli immigrati. Poi dritto al campo per l’allenamento.
Un anno in terza categoria, quattro in seconda, quattro in prima, nove in promozione, sei in eccellenza, sette in Serie D, uno in C2, altri quattro in D e cinque in C. Una vera e propria scalata da record. Nel sogno c’è la cadetteria. Nel quotidiano c’è la voglia massima di lavorare senza sosta per migliorare e migliorarsi, come persone e come giocatori. La Virtus Verona è uno stile di vita regolare, ma non di certo monotono. Mister e presidente, ma per tutti è semplicemente “Gigi”.
Niccolò Anfosso
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