Nessun proclama, nessuna polemica, nessuna intervista spettacolare. Jannik Sinner, fin dalla prima ora, ha scelto il silenzio come strumento di difesa.
Una scelta controcorrente, coraggiosa, in un panorama sportivo abituato all’urlo, al post, al contrattacco mediatico. Il suo nome è stato sulla bocca di tutti per mesi, ma lui ha lasciato parlare le carte. E soprattutto, i fatti. Dalla positività al Clostebol emersa a marzo 2024, in occasione del torneo di Indian Wells, alla risoluzione del caso con un accordo di tre mesi, la narrazione è stata lunga, tesa, seguita in ogni dettaglio dai media internazionali. Sinner ha sempre sostenuto la sua innocenza, fornendo agli enti preposti (prima l’ITIA, poi la WADA) una documentazione precisa, che ha ricostruito la dinamica dell’assunzione involontaria: il contatto con una pomata usata dal fisioterapista Naldi, contenente Clostebol, durante un trattamento.
Un errore umano, documentato con rigore. Non bastano però le prove a placare le polemiche: critiche sono arrivate da personaggi di spicco del mondo dello sport, italiani e internazionali. Federica Pellegrini ha parlato apertamente di sanzione troppo lieve, Serena Williams ha espresso disappunto sui social, mentre colleghi come Novak Djokovic, Stan Wawrinka e Nick Kyrgios hanno lasciato intendere di non credere fino in fondo alla versione fornita dal team dell’azzurro. Ma Jannik ha mantenuto la barra dritta, lasciando che a parlare fosse il suo comportamento trasparente e la fiducia delle istituzioni sportive. Ora, dopo tre mesi di attesa, è tornato a disposizione del circuito. Intanto, dalla Spagna, sono arrivate nuove illazioni…
Ouhdadi come Sinner, scoppia il caso in Spagna
I media spagnoli, negli ultimi giorni, hanno insistito nel paragonare il caso Sinner a quello del mezzofondista paralimpico Yassine Ouhdadi, squalificato per tre anni dopo una positività – sempre al Clostebol – riscontrata a luglio 2024, pochi giorni prima dei Giochi di Parigi. L’atleta, già oro a Tokyo e di nuovo campione nei 5000 T13 in Francia, perderà il titolo conquistato e ha dovuto abbandonare il centro sportivo in cui si allenava. Anche Ouhdadi si è detto innocente. Ha parlato di possibile contaminazione attraverso un contatto esterno, come un massaggio o una pomata trasmessa accidentalmente. Ma, al contrario di Sinner, non è riuscito a fornire alcuna prova. Nessun documento, nessuna testimonianza, nessun tracciamento. Solo ipotesi.

Il Comitato Paralimpico Internazionale non ha potuto far altro che confermare la squalifica e togliere la medaglia. E così, mentre Sinner viene riabilitato sulla base di una dinamica chiara e verificata, Ouhdadi si ritrova colpito in pieno da una sanzione durissima. In Spagna, il confronto viene strumentalizzato, ma la distanza tra i due casi è netta. Non basta condividere una sostanza proibita per rendere le storie uguali: servono le prove.






