Jannik Sinner è tornato a Roma, nonostante la vittoria c’è un dettaglio che continua a far discutere e solleva qualche dubbio.
Il Foro Italico ha riabbracciato Jannik Sinner con l’entusiasmo che solo una capitale innamorata del tennis può riservare. Tutti gli occhi erano puntati su di lui, sul numero uno del mondo, al rientro dopo settimane complicate, con il peso di aspettative enormi e il desiderio di scrollarsi di dosso le polemiche.

Il debutto è arrivato, la vittoria contro l’argentino Navone è stata netta, il pubblico si è infiammato. Però, nonostante il punteggio, c’è stato qualcosa che molti hanno notato. Un piccolo segnale, una sfumatura del gioco che non è sfuggita nemmeno agli occhi più esperti.
Il vero problema di Sinner già manifestato nella prima gara
Sinner è apparso sereno, mentalmente dentro al match, con quella solita compostezza che fa sembrare tutto facile. Però il rientro è stato anche una prova. Una di quelle che vanno oltre la classifica, perché misurano il corpo e la testa, mettono alla prova la tenuta, la preparazione e – inevitabilmente – anche qualche automatismo che deve ancora ritrovare fluidità. Ed è proprio qui che si è insinuata la curiosità, la domanda che molti si stanno facendo: c’è qualcosa nel gioco di Sinner che sembra non essere ancora tornato ai livelli pre-infortunio?
A parlarne, con grande lucidità, è stato Omar Camporese. L’ex tennista, in un’intervista rilasciata dopo la partita d’esordio, ha analizzato la prova del numero uno azzurro con un occhio tecnico e attento. Nessun allarme, sia chiaro, ma un punto in particolare ha attirato l’attenzione: il servizio. Camporese ha definito il ritorno di Jannik “positivo, concreto, pienamente nella norma”, sottolineando la solidità mentale mostrata in campo e la capacità di gestire la pressione. Però, allo stesso tempo, ha ammesso che qualcosa nel servizio sembra ancora da registrare.

Infatti, proprio a Roma, quel colpo che tante volte ha tolto le castagne dal fuoco a Sinner è apparso meno incisivo. Non che fosse inefficace, ma mancava quella spinta, quella precisione tagliente che negli ultimi mesi aveva fatto la differenza nei match più difficili. Camporese lo ha fatto notare con delicatezza, ma con chiarezza. Il servizio può ancora crescere, non è stato esplosivo come altre volte, ma siamo all’inizio del rientro. Serve tempo per ritrovare il feeling pieno con tutti i colpi.
Una riflessione che non vuole certo essere una critica, ma un’osservazione tecnica da parte di chi conosce bene cosa significhi tornare dopo uno stop. Il servizio, d’altronde, è uno dei colpi più sensibili al ritmo, alla condizione fisica, alla fiducia. E Sinner, che ha basato buona parte della sua scalata sulla capacità di tenere alta l’intensità, sta semplicemente ritrovando la sua naturale fluidità. Nessun allarme, appunto, ma un dettaglio che potrebbe fare la differenza nei prossimi turni, soprattutto contro avversari di caratura superiore.
Eppure Camporese, nel suo commento, ha voluto chiudere con parole chiare, quasi a spegnere sul nascere ogni polemica: “Jannik non deve temere nessuno. È pronto, ha una testa che vale più di qualsiasi colpo. Il campo lo aiuterà a tornare al massimo.” Una frase che pesa più di tante analisi, perché arriva da chi sa bene cosa significa convivere con le attese, con la pressione, con i piccoli ostacoli che si nascondono nei dettagli.
Insomma, Sinner c’è. Il suo ritorno è concreto, il tennis non lo ha perso per strada e il pubblico lo sa. L’attenzione ora sarà su ogni singolo colpo, certo, e il servizio sarà sotto la lente nei prossimi match. Però c’è fiducia, c’è sostanza, e c’è soprattutto la sensazione che il meglio debba ancora arrivare. Roma, per ora, lo ha applaudito. E tutto fa pensare che sia solo l’inizio.