Jannik Sinner è tornato da numero uno del mondo, ha vinto, convinto e poi spiazzato tutti facendo dei nomi inattesi.
Non sempre, quando si parla di un ritorno, basta guardare il punteggio o la solidità tecnica in campo. A volte il vero segnale arriva dopo, nelle parole. E infatti, è proprio così che Jannik Sinner ha lasciato tutti senza parole, dopo il suo esordio vincente al Foro Italico contro l’argentino Navona.

Una vittoria che, sulla carta, poteva sembrare scontata. Ma per chi conosce la storia recente del tennista altoatesino, questo primo passo aveva un peso specifico enorme. Non era solo il ritorno alla competizione dopo lo stop. Era il ritorno alla normalità, a quella sensazione di appartenenza che il tennis sa toglierti quando sei costretto a starne lontano per settimane.
Sinner fa i nomi e spiazza tutti
La vicenda legata alla squalifica per doping – poi chiarita e archiviata con non poche discussioni – aveva lasciato strascichi non solo mediatici, ma anche emotivi. Jannik ha sempre mantenuto un profilo sobrio, lontano dalle polemiche. Però chi ha gli occhi giusti per leggere oltre i gesti in campo, sa bene che certe ferite, anche se invisibili, lasciano il segno. Ecco perché la sua vittoria su Navona ha avuto un sapore speciale, quasi liberatorio. Sinner ha giocato bene, con la sua solita compostezza, senza sbavature, come se non fosse passato un giorno dall’ultimo match. Ma è dopo, nel post partita, che ha davvero sorpreso.
In molti si aspettavano dichiarazioni di rito, un ringraziamento generico allo staff, alla famiglia, ai tifosi. E invece no. Sinner ha voluto andare oltre, fare nomi, mettere volti e storie in primo piano. Perché, come ha spiegato lui stesso, “per me è stato d’aiuto allenarmi a Monaco con le stesse persone. Ho avuto la fortuna di allenarmi con Jack Draper e Sonego. Grandi giocatori, e poi anche giovani tennisti. Ciascuno di loro mi ha dato quello che poteva. Tutte cose differenti che mi hanno aiutato.”

Una frase semplice, ma che ha colpito per onestà e umiltà. Non è da tutti, a certi livelli, condividere il merito con altri colleghi. E non è da tutti farlo con quella naturalezza, senza costruzioni. Draper e Sonego, due nomi diversi per profilo e carriera, ma accomunati da un approccio autentico al tennis. Hanno lavorato con lui, lo hanno stimolato, lo hanno riportato sul campo, giorno dopo giorno, nei periodi in cui le luci dei riflettori erano spente. Un lavoro nell’ombra, ma che oggi brilla più che mai alla luce delle sue parole.
Sinner non si è limitato a ringraziare: ha spiegato come ciascuno, a modo proprio, gli abbia dato qualcosa. Un consiglio tecnico, una spinta mentale, magari solo la sensazione di non essere solo. E in un mondo ipercompetitivo come quello del tennis, dove la solitudine è spesso una costante, questo tipo di supporto conta quanto un match point annullato.
La sensazione, ora, è che Jannik sia tornato non solo integro fisicamente, ma più maturo e completo anche dentro. Ha affrontato un momento difficile senza crollare, ha ricostruito fiducia, ha trovato alleati dove altri vedrebbero solo avversari. E forse è proprio questo che fa di lui il numero uno: non la classifica, non solo il talento, ma la capacità di restare umano. Di ammettere che il successo, quello vero, non si costruisce mai da soli.
Adesso il Foro Italico lo ha ritrovato. Il pubblico lo acclama, i compagni lo rispettano, e i suoi colpi – come sempre – parlano chiaro. Però, sotto quella calma apparente, c’è un Jannik diverso. Uno che ha attraversato la tempesta e ha capito che anche i campioni hanno bisogno degli altri per rimettersi in piedi. E oggi, a vederlo di nuovo lì, con la racchetta in mano e il sorriso sincero, non resta che una certezza: il numero uno è tornato. Ma stavolta, con qualcosa in più.