Tra i grandi assenti del Roland Garros 2025, il nome di Matteo Berrettini spicca con particolare forza. Arriva come un fulmine a ciel sereno l’annuncio da birividi da parte del tennista romano.
Non solo per quello che rappresenta nel tennis italiano, ma per il modo in cui il fisico continua a negargli la continuità necessaria per brillare con costanza nei grandi appuntamenti. L’ultimo forfait, maturato dopo la sconfitta agli Internazionali d’Italia, è stato l’ennesimo campanello d’allarme. Un problema agli addominali – lo stesso che lo tormenta da anni – lo ha costretto a dare forfait anche per Parigi, privando il pubblico di una delle racchette più amate e spettacolari. Il 2025, però, aveva acceso una luce diversa. In stagione, Berrettini era tornato a ottenere vittorie di peso, superando due giganti del circuito come Alexander Zverev e Novak Djokovic, con prestazioni di altissimo livello che avevano riportato l’entusiasmo.

Ma come troppo spesso accade nella carriera di The Hammer, alla gioia per i risultati si è subito contrapposta la realtà di un corpo che fatica a reggere i ritmi richiesti dal tour. Il problema non è più solo fisico: si intreccia ormai a una dimensione mentale che Berrettini stesso non ha mai nascosto. Con Parigi ancora una volta osservata da lontano, il campione italiano continua a cercare dentro di sé le risposte a un dualismo difficile da gestire: il desiderio di competere e la consapevolezza di dover continuamente ricostruirsi.
Berrettini choc: “Ho accettato la debolezza”
È in questo contesto che si inseriscono le riflessioni personali di Matteo Berrettini, raccolte durante l’Atp Insider nel quale ha ripercorso le tappe più delicate della sua carriera recente. Parole che non sono solo lo sfogo di un atleta segnato dagli infortuni, ma la testimonianza lucida di un percorso di maturazione interiore. Il punto di svolta per me è stato quando ho accettato di poter essere debole, di poter essere triste, di dover lavorare per ricostruire la mia forza mentale – ha ammesso il romano. Un passaggio di rara sincerità per chi, come lui, è stato abituato per anni a dover apparire forte e impeccabile. Berrettini ha poi raccontato un momento preciso, datato 2023, durante lo US Open, in cui si ruppe la caviglia: “Ricordo che non riuscivo a tornare alla riabilitazione. Non volevo andarci. In passato, quando mi infortunavo, soffrivo per tre o quattro giorni, poi sentivo quell’energia dentro di me e lavoravo duramente per tornare. Ma non è accaduto in quel caso, perché quando usi tutta quell’energia extra per tornare, il serbatoio si svuota sempre di più”.

Il tennista ha quindi raccontato di essersi fermato per riflettere profondamente: “Pensavo che mi sarei solo infortunato di nuovo, quindi ho dovuto lavorare sulla mia mente prima ancora che sul mio corpo”. Una confessione potente, che restituisce tutta la complessità dell’atleta e dell’uomo. Matteo Berrettini, oggi, non è solo il simbolo di un tennis italiano in grande ascesa, è anche il volto umano di uno sport che, spesso, dietro la patina del successo, cela la fragilità e il coraggio di chi non smette mai di lottare.