Siamo così convinti che gestire la nazionale come un club sia la scelta giusta? Stiamo affondando, lentamente: un’altra volta e senza orgoglio, senza alcun senso di appartenenza. Dopo due Mondiali fuori dai giochi rischiamo di dover vedere dal divano anche il prossimo, ammesso che ci sarà ancora chi avrà voglia di guardare il calcio degli altri in piena estate. Non è detta l’ultima, ovvio. Ma la sconfitta con la Norvegia è l’ultima sirena che scatta dopo una serie di segnali inequivocabili: il “mercato” di Spalletti è un continuo tentativo di riprendere la situazione in mano, finora con pochi riscontri positivi. Sembra di rivivere l’ultimo periodo di Mancini, che – a proposito – è tornato a riproporsi per tornare sulla panchina azzurra di nuovo. Mentre sui social è partito il carro Ranieri e negli ambienti calciofili qualcuno parla di Pioli, che dopo l’avventura in Arabia Saudita sta bene ovunque perché intenzionato a ripartire dal nostro calcio. Confusione.

I club intanto affrontano le onde di un mare che è diventato grosso dopo la brutta disfatta dell’Inter a Monaco. Inzaghi ha tolto il disturbo e non ci ha pensato un’ora in più: i soldi arabi sono tanti e buoni, soprattutto per allentare un po’ la tensione dopo tanti anni di centrifuga, ma anche all’Al-Hilal pretenderanno molto da lui. Va detto che l’ex allenatore dell’Inter è l’unico coach italiano che si presenterà negli Stati Uniti dopo aver conquistato sul campo la competizione: lo farà alla guida di una delle possibili squadre rivelazione per la vittoria finale, giusto per non perdere il vizio del tutto. Ci proverà eccome, perché le delusioni sono dolorose quanto utili per riaccendersi altrove. L’Inter invece ha richiamato il vecchio cuore Chivu, che qualcuno aveva messo in dubbio alla guida dalla seconda squadra e ora – invece – si ritrova al timone della prima. Mentre la Juve ha deciso di non decidere, ancora una volta: Tudor è la scelta migliore perché – lui – accetta di vivere solo qui e ora.

Del futuro non v’è certezza neanche a Bergamo. Prendendo Juric, l’Atalanta ha mostrato il suo tradizionale coraggio, senza snaturarsi; ma dopo nove anni col maestro Gasperini, bisogna riconoscere che è un grande azzardo. Come, almeno in parte, lo è il trasferimento del Gasp a Roma: piazza calda, caldissima; spifferi ce ne saranno come sempre e l’allenatore dovrà adeguarsi, anche se negli ultimi anni se l’è presa spesso per molto meno. Al sicuro sono andati solo il Napoli con Conte e il Milan con Allegri: per quest’ultimo un’occasione di riscatto dopo l’ultimo anno alla Juve lontano dallo scudetto (stavolta il mercato è ben più ambizioso). Mentre per Sarri alla Lazio è la ripresa di un lavoro che si era interrotto male e con i tempi sbagliati: il tempo paga, alla fine viene concessa sempre una seconda possibilità a chi è perbene come il comandante. Occhio agli emergenti della prossima Serie A, i miei prescelti: De Rossi al Parma, Grosso al Sassuolo e Pisacane al Cagliari.