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È il calcio dei proprietari e dei loro consulenti, bellezza!

Per il calcio italiano è una nuova alba. I tempi delle icone – da Maradona a Maldini a Del Piero o Ronaldo “il fenomeno” – è bello che superato. Da Modric a De Bruyne, ora l’effetto è un altro: il loro arrivo in Italia crea entusiasmo – è vero – ma appare evidente che la Serie A sia diventata la passerella finale per chi ha fatto o il trampolino per chi vorrebbe fare: il clou, quello vero, i fuoriclasse lo vivono altrove. Ciononostante il nostro calcio è vivo, fatica ma non crolla: o almeno, grazie alle poche proprietà italiane che son rimaste in sella, tenta di non farsi togliere ogni briciolo di tradizione. Sarà pure per questo che al centro delle attenzioni non ci sono più i calciatori e in parte neanche gli allenatori o quelli che per le folle diventano i salvatori da portare in gloria. Nella realtà di oggi, quelli che contano davvero sono i proprietari e la loro abilità a tenere tutto in piedi senza farsi male. Ecco: il vero obiettivo di tutti è questo, anche se in pochi osano dirlo.
John Elkann durante una presentazione
Dalla prima elettrica alla vela: le novità Ferrari – Sportitalia.it (Screen YouTube Sky Sport)
Riavvolgiamo il nastro degli ultimi anni. La Juve senza Agnelli è andata in profonda crisi, Elkann è dovuto correre più volte ai ripari e nell’ultimo periodo si è preso la scena con il fare decisionista del cugino per riportare il club dove meritano gli investimenti fatti dalla proprietà. Al Milan hanno compreso che la teoria dei numeri non basta e bisogna affidarsi agli uomini di calcio affinché i conti possano tornare davvero, tenendo la scia dell’Inter in mano a Marotta presidente. Gli eroi del calcio moderno insomma sono altri. Il Napoli di De Laurentiis ha vinto due scudetti come quello di Maradona, il club ora può tentare di allungare il ciclo perché è in salute sul piano economico: merito del suo presidente che non ha mai fatto il passo più lungo della propria gamba e ha saputo rivedersi quando è caduto nell’errore di voler fare in prima persona ciò che spettava ad altri. Il modello perfetto di questi anni è stato rappresentato da un club come l’Atalanta: dei Percassi prima che di Gasperini, senza nulla togliere al tecnico che ha svolto un lavoro meraviglioso.
Roma
Gian Piero Gasperini, allenatore della Roma (sportitalia.it – Ansa foto)
Quella che arriva non è la Serie A delle meraviglie né tantomeno dell’innovazione, ma al massimo della tradizione. Basti pensare che il duello principale tornerà ad essere quello fra Conte e Allegri, come tra 2011 e il 2014: siamo tornati indietro di oltre dieci anni. I due allenatori si sfidavano alla guida di Juve e Milan: poi Allegri subentrò a Conte alla Juve e non c’è stata più occasione di farlo; ora Conte deve difendere lo scudetto al Napoli e Allegri è tornato al Milan per farlo rinascere. Mentre ’Atalanta ha puntato su Juric, primo allievo di Gasperini che – dopo un paio di anni da promesso sposo – è arrivato finalmente alla Roma. Occhio a Sarri che è tornato alla Lazio e potrebbe essere la vera sorpresa in scia alle prime del gruppo, anche perché lo conosce bene per buona parte. Mentre Tudor alla Juve e Chivu all’Inter per adesso sono soluzioni che vanno verificare nel corso dell’anno.
Allenatori a parte, nell’era dei fondi comincia a farsi largo l’idea che possa essere più il calcio dei proprietari e meno di chi lo pratica: a pagarne le conseguenze soprattutto i direttori sportivi, sempre meno influenti e in bilico tanto quanto gli allenatori che – spesso – non scelgono neanche loro. Spazi ce n’è per chi si propone da consulente di proprietà che non vogliono stare troppo sulla scena: Ranieri alla Roma, Comolli alla Juve, Cherubini al Parma. Ognuno poi viene assunto con una carica di riferimento, ma la verità è che ai tempi in cui le chiacchiere si fanno sempre più grasse e le vacche son sempre più magre, quelli che mettono ancora i quattrini veri nel calcio vogliono i loro uomini di fiducia.
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