Archiviato il Roland Garros, il mondo del tennis guarda già a Wimbledon, ma intanto una sentenza dirompente scuote l’ambiente.
Non è il solito passaggio di consegne tra una superficie e l’altra, tra la terra rossa e l’erba verde. Stavolta, nel breve spazio che separa la fine di Parigi dall’inizio del torneo più iconico del circuito, qualcosa ha fatto rumore.

Una frase netta, senza giri di parole, che ha spaccato il mondo del tennis in due. A pronunciarla è stato uno dei protagonisti più in forma del momento, uno che sull’erba ha appena alzato un trofeo e che, invece di godersi solo la gloria, ha deciso di toccare un nervo scoperto.
Tennis scosso per la decisione che potrebbe cambiarlo per sempre
Il tempio di Wimbledon è lì che aspetta, ma intanto a far parlare è Taylor Fritz. Il tennista statunitense ha vinto domenica scorsa l’ATP 250 di Stoccarda, primo appuntamento importante su erba in vista dello Slam londinese. Un successo che ha confermato la sua buona condizione e che lo rilancia come potenziale outsider nel tabellone maschile. Però non è stato solo il risultato in campo a metterlo sotto i riflettori.
Fritz, infatti, ha partecipato come ospite al podcast Tennis Insider Club, condotto da Caroline Garcia, e lì ha voluto dire la sua proprio come una sentenza – senza freni – su un tema che da tempo divide il circuito: quello del coaching. Ovvero la possibilità che, durante i match, l’allenatore in tribuna possa comunicare direttamente con il giocatore in campo. Una novità che ha già fatto discutere parecchio e che, a quanto pare, continua a non andare giù a molti.

E tra questi, senza ombra di dubbio, c’è proprio Fritz. “Credo sia orribile. Penso che sia davvero un male per il tennis”, ha dichiarato senza esitazioni. Una presa di posizione netta, che ribadisce quanto il californiano sia contrario a questa evoluzione regolamentare. Per lui, il tennis deve restare uno sport individuale nella sua forma più pura, dove chi scende in campo ha la totale responsabilità di ciò che accade.
Ha poi aggiunto: “Se i tifosi potessero forse sentire le conversazioni tra giocatori e allenatori, potrebbe essere più divertente. Ma quello che io sostengo da sempre è che il tennis è uno sport individuale. Perché qualcun altro dovrebbe dirmi cosa fare quando la strategia è una parte così importante del tennis?”
Una riflessione che tocca un punto cruciale: il tennis come disciplina mentale prima ancora che fisica. Dove ogni scelta, ogni intuizione, ogni errore, è parte integrante della partita. L’ingresso costante del coach nel processo decisionale, secondo Fritz, rischia di snaturare tutto questo.
Il dibattito è tutt’altro che chiuso, anzi. Le sue parole riaccendono un confronto che si porterà sicuramente anche a Wimbledon, dove la tensione sale e ogni dettaglio può fare la differenza. Ma nel frattempo, tra il silenzio dell’erba e le attese di gloria, la sentenza di Taylor Fritz ha già lasciato il segno.