Domenica Jannik Sinner ha scritto una pagina indimenticabile nella lunga storia di Wimbledon, angelo custode delle emozioni e del talento sul Centre Court.
Dopo aver ceduto il primo set per 6‑4, il numero uno italiano ha saputo riorganizzarsi, superando le difficoltà iniziali e neutralizzando l’aggressività impressionante di Carlos Alcaraz, autore di colpi potenti anche oltre i 150 km/h. Sembrava che l’ombra delle precedenti delusioni – Roland Garros, Internazionali d’Italia – potesse riaffacciarsi. Eppure il giovane altoatesino, spinto da una forza mentale straordinaria, ha invertito le sorti della finale. Ha risposto a tono ai gesti di supponenza di Alcaraz, quel famoso dito all’orecchio, trasformando ogni colpo in una dichiarazione di potere. Sinner ha dimostrato una crescita tecnica, mentale ed emozionale, togliendosi di dosso il peso del tabù e dominando la scena in stile cine‑sport indimenticabile.

Tra i due più forti tennisti del momento si è consumato uno showdown iconico, destinato a entrare nei manuali accanto ai duelli dei Big Three. Ha vinto non solo con la potenza dei colpi, ma con la lucidità, la strategia e una dignità rara. Il suo exploit è stato consacrato dal pubblico anglosassone e dal prestigio supremo di Wimbledon, interrotto solo dagli eventi bellici e dalla pandemia. Ora Sinner entra nel mito, accanto a Spencer Gore, Bill Tilden e Novak Djokovic. Tra la gloria e l’impatto sul circuito internazionale, Jannik è ora pronto a lasciare un segno indelebile nel tennis mondiale, ma sarebbe stato opportuno, forse, ci fosse qualcuno a sostenerlo.
Il silenzio delle istituzioni scatena il web: Sinner lasciato solo
Non solo applausi in campo: fuori dallo stadio si è scatenata una bufera social per l’assenza delle istituzioni italiane. La presenza di Re Felipe VI non ha fatto che accentuare il vuoto lasciato dalle istituzioni italiane sugli spalti, così come evidenziato anche da Paolo Bertolucci ha twittato con amarezza: “Sarebbe stato bello e opportuno vedere in tribuna a Wimbledon anche un rappresentante politico o sportivo italiano”.
Il suo messaggio ha trovato eco tra gli utenti: Tanto clamore ha acceso il dibattito sull’impegno (o disimpegno) della politica nel seguire le eccellenze sportive. L’assenza avrebbe suonato come indifferenza, forse frutto amaro sbocciato dopo la convocazione bucata da Sinner, a sorpresa, del Presidente Mattarella, lo scorso anno. Domenica, nemmeno un omaggio ufficiale in platea. Un episodio che ha lasciato molti sbigottiti e ha aperto un confronto aspro sulla necessità di valorizzare i nostri campioni anche a livelli istituzionali.

Nessun politico italiano sugli spalti. Quello è stato il trucco – ha commentato ironicamente un altro utente X, seguito da altri italiani rimasti attoniti: “Ci stavano i reali d’Inghilterra, i reali di Spagna. E nessuna rappresentanza delle istituzioni italiane?”. Sui social si è rincorsa la convinzione che dietro ci fosse una strategia: far sembrare la mancanza di rappresentanti come un gesto calcolato, una “mossa” per screditare il “non italiano”.
In altri casi la riflessione è più ampia: il nostro paese continua a dirottare fondi e attenzioni su altri sport, lasciando spesso ai singoli atleti il peso di farsi largo da soli. Per Jannik è stato un trionfo: 6‑4, 6‑4, 6‑4 contro un avversario da leggende. Ma la finale ha acceso riflettori anche su come il paese resta in panchina, nei momenti simbolici. Indubbiamente, la vittoria innocuamente ha tolto il fiato al mondo, ma quel silenzio tricolore ha fatto discutere.






