Proprio mentre Sinner sembra aver messo alle spalle tutto lo scandalo Clostebol, che lo ha visto fermo per tre mesi, il doping torna prepotentemente con una squalifica pesantissima.
C’è un’ombra che ancora aleggia, silenziosa ma presente, sul 2025 straordinario di Jannik Sinner. L’altoatesino, diventato il primo italiano a vincere Wimbledon, pronto a difendere il titolo agli US Open e ormai stabilmente numero 1 del mondo, è stato costretto mesi fa a fermarsi per una vicenda che ha spaccato l’opinione pubblica e lasciato perplessi anche molti esperti di diritto sportivo. Parliamo della famigerata sospensione per Clostebol, una sostanza anabolizzante rinvenuta in quantità infinitesimali in un controllo antidoping effettuato a sorpresa nel mese di febbraio. Un valore inferiore a un miliardesimo di grammo, talmente minimo da risultare privo di effetto anche secondo alcuni laboratori indipendenti. Eppure, tanto è bastato per vedere il tennista fermato per tre mesi, con la motivazione della responsabilità oggettiva: secondo i regolamenti, anche una traccia non volontaria può essere considerata sufficiente per scattare la squalifica.

La reazione è stata violenta: sui social, in tv, nelle interviste. C’è chi ha gridato allo scandalo, chi ha chiesto pene più dure e chi ha difeso Sinner a spada tratta, parlando di “inquisizione”. Lui, come sempre, ha mantenuto la calma, accettato la decisione e spiegato tutto con lucidità: la contaminazione sarebbe avvenuta tramite una crema cicatrizzante usata dopo un trattamento fisioterapico, regolarmente prescritta. Nessun tentativo di miglioramento illecito, solo una disattenzione. Ma la macchia resta. E ora c’è anche chi si è rivisto in quel calvario.
Carnevale e quel parallelo con Sinner: “Pagai anche io per uno zero virgola”
A trentacinque anni di distanza, Andrea Carnevale rivede il proprio incubo sportivo attraverso il volto sorridente e pulito di Jannik Sinner. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, l’attuale responsabile degli osservatori dell’Udinese ha ricordato con amarezza la vicenda del 1990, quando appena approdato alla Roma, fu trovato positivo alla fentermina, uno stimolante contenuto in un farmaco dimagrante. Sbagliai, certo – ha ammesso Carnevale – ma la quantità era ridicola. Mi diedero dodici mesi di squalifica. Ho rivisto la mia storia in quella di Sinner: anche lui condannato per uno ‘zero virgola’, anche lui penalizzato senza aver cercato alcun vantaggio.

L’ex attaccante, protagonista degli anni d’oro del Napoli di Maradona, era reduce da un inizio promettente nella Capitale (4 gol in 5 partite) quando la positività al Lipopill spazzò via ogni sogno. Era una ca**ata mia – racconta oggi, con schiettezza e dolore. Ma la sua storia personale è segnata anche da drammi ben più profondi e che col doping c’entrano poco: il padre, Gaetano, affetto da schizofrenia, uccise la moglie – madre di Andrea – nel 1975. Lo andavo a trovare in carcere – ha raccontato Carnevale, nonostante tutto. Non se ne parlava mai in casa, ma io avevo bisogno di capire. Lo perdonai. Avevo un padre malato, e allora non c’erano i mezzi per curare certi disturbi.






