Un annuncio scuote il mondo del tennis e solleva polemiche che indirettamente toccano anche Jannik Sinner e il movimento azzurro.
Il tennis è da sempre uno degli sport più affascinanti e seguiti al mondo. Dalla magia dei quattro Slam fino ai tornei del circuito ATP, ogni stagione regala emozioni, rivalità e storie che restano nella memoria collettiva.

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La bellezza di questo sport sta proprio nella sua universalità: ogni Paese, ogni superficie, ogni stadio diventa un palcoscenico dove i campioni si misurano non solo con l’avversario, ma anche con la propria tenuta mentale e fisica. E tra le competizioni che hanno fatto la storia, senza ombra di dubbio, la Coppa Davis ha sempre avuto un ruolo speciale.
Terremoto nel tennis: l’accusa di Roddick
Per decenni la Davis è stata sinonimo di identità nazionale, di partite memorabili giocate davanti a stadi gremiti e tifoserie infuocate. Una formula chiara, semplice e coinvolgente: sfide dirette tra Paesi, con un’atmosfera che nessun altro torneo riusciva a replicare. Però, negli ultimi anni, qualcosa si è spezzato. La competizione ha subito diverse trasformazioni, cambi di format che avrebbero dovuto rilanciarla ma che, al contrario, hanno finito per dividerne i fan e confondere anche gli stessi protagonisti.
E proprio in queste ore è arrivata la voce forte di Andy Roddick, ex numero 1 al mondo e volto storico del tennis statunitense, che non ha usato giri di parole per commentare la situazione. Dopo l’uscita di scena della nazionale americana, Roddick ha puntato il dito contro l’attuale formula della Coppa Davis, giudicandola senza mezzi termini un fallimento. «Abbiamo giocato in casa la scorsa settimana – ha dichiarato – ma sugli spalti a Delray Beach c’erano solo tremila persone. Come può succedere una cosa del genere? Non si capisce bene che tipo di partita fosse, è un turno prima delle Finals ma non è una semifinale. Per me è una schifezza».

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Parole dure, che riportano alla mente i tempi in cui la Davis era un appuntamento irrinunciabile. «Quando abbiamo perso contro la Spagna di Nadal e Moya nel 2004 – ha ricordato Roddick – c’erano ventinovemila tifosi e un’atmosfera incredibile. Ora sembra soltanto un marchio, e il torneo in sé non ha più importanza. È brutto vedere quello che è diventato».
Il suo sfogo non è isolato, perché da tempo anche altri campioni hanno manifestato perplessità sulla direzione intrapresa. I continui cambi di formula non hanno mai trovato un consenso generale, e il rischio concreto è che una delle competizioni più prestigiose della storia finisca per perdere definitivamente il suo fascino.
In questo contesto, anche Sinner e l’Italia sono inevitabilmente coinvolti. Il trionfo azzurro della scorsa edizione aveva riacceso l’entusiasmo dei tifosi, ma le critiche di Roddick mostrano come il problema sia molto più ampio e strutturale. Senza un’identità chiara, senza quella magia che un tempo infiammava interi palazzetti, la Coppa Davis rischia di ridursi a un semplice evento di calendario.
E allora la domanda resta aperta: riuscirà la Davis a ritrovare il suo spirito originario, oppure resterà, come dice Roddick, solo un marchio senz’anima? Quel che è certo è che la polemica è appena cominciata e che il dibattito sul futuro di questa storica competizione non si fermerà qui.






