Jannik Sinner finisce di nuovo sotto processo, ma stavolta la paura degli italiani è che la storia possa davvero finire male.
C’è qualcosa di paradossale nel rapporto tra l’Italia e i suoi campioni. Quando vincono, li portiamo in trionfo come eroi nazionali; quando prendono una decisione che non capiamo, li mettiamo sul banco degli imputati.

È quello che sta accadendo, ancora una volta, a Jannik Sinner. Il ragazzo di San Candido, classe 2001, è il volto nuovo del tennis mondiale, il simbolo di una generazione che ha finalmente trovato nel tennis un orgoglio azzurro dopo anni, decenni di attesa.
Sinner a processo, cosa succede ora
Nonostante i trionfi, la calma e la gentilezza con cui affronta tutto, Sinner sembra essere finito in un nuovo “processo”, stavolta mediatico, e con un tono che si fa via via più acceso. Infatti, tutto nasce da una decisione personale, sportiva, ma che in Italia – si sa – diventa subito una questione nazionale.
Sinner ha rinunciato alla convocazione per la Coppa Davis, scegliendo di non partecipare alla fase finale con la Nazionale italiana. Una scelta motivata, a quanto pare, da esigenze fisiche e programmazione stagionale, ma che ha scatenato un’ondata di critiche, commenti e discussioni infinite. Sui social, in tv e nei bar, ognuno si sente in diritto di dire la sua, come se la racchetta ce l’avesse impugnata lui.
E così il campione tranquillo, riservato, che non alza mai i toni e che ha riportato l’Italia ai vertici del tennis mondiale, si trova di nuovo al centro di un caso mediatico. Non è la prima volta. Già in passato, infatti, Sinner era stato criticato per la sua scelta di vivere a Montecarlo, dove risiedono molti tennisti professionisti per ragioni logistiche e fiscali. Una scelta comune nel mondo dello sport, ma che in Italia fa sempre storcere il naso. Adesso, con la rinuncia alla Coppa Davis, il discorso si è riacceso. Qualcuno parla di mancanza di patriottismo, altri di egoismo, altri ancora di semplice lucidità sportiva.

Però, la verità è che Sinner sembra pagare il prezzo del suo successo. Ogni mossa, ogni parola, ogni silenzio viene interpretato, scomposto, giudicato. C’è chi si aspetta da lui un atteggiamento “da eroe nazionale” e chi invece ne ammira la coerenza e la freddezza nordica. Nel frattempo, la Nazionale dovrà affrontare la Coppa Davis senza di lui, e il rischio che finisca male è reale: senza il numero uno italiano, l’Italia perde il suo asso più forte e le possibilità di vittoria si riducono drasticamente.
Senza ombra di dubbio, è anche per questo che la tensione cresce. Gli italiani amano Sinner, ma lo vorrebbero sempre in campo, sempre disponibile, sempre perfetto. Eppure, dietro quella faccia da bravo ragazzo e la voce pacata, c’è un atleta che deve gestire un calendario logorante, il peso delle aspettative e la necessità di preservarsi per la stagione.
Nelle ultime ore è intervenuto anche il ministro Matteo Salvini, che ha voluto dire la sua, invitando tutti a smorzare i toni: “Capisco la rabbia, la frustrazione e l’invidia di qualche tennista da salotto, ma godiamoci un campione che ci invidia il mondo”. Parole che, in effetti, fotografano bene la situazione. Perché l’Italia di Sinner è un Paese che lo ama e lo critica allo stesso tempo, che lo vuole sempre sul podio, ma non gli perdona di scegliere il suo percorso.
Alla fine, resta un punto fermo: Jannik Sinner è il miglior tennista italiano di sempre, un talento che ha riportato entusiasmo, orgoglio e visibilità internazionale. Forse dovremmo ricordarcelo più spesso, invece di trasformare ogni sua scelta in un processo mediatico. Anche perché, se la storia insegna qualcosa, è che certi campioni si giudicano non per le assenze, ma per tutto ciò che lasciano in campo – e Sinner, di vittorie e di emozioni, ne ha già regalate tante.






