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Ultim’ora, scandalo mondiale: Piqué è stato beccato

Gerard Piqué non smette di finire nell’occhio del ciclone. Dopo anni di tempeste in ogni sfera personale, un nuovo scandalo ha coinvolto l’ex Barca.

Gerard Piqué è stato uno dei difensori più vincenti e influenti dell’ultimo ventennio, capace di incarnare l’estetica del Barcellona più dominante della storia. Cresciuto nella Masia, esploso definitivamente sotto la gestione Guardiola, ha vinto praticamente tutto: quattro Champions League, un Mondiale e un Europeo con la Spagna, otto campionati con il Barca. Eppure, quando si parla di Piqué, la narrazione non si esaurisce mai sul campo. Il suo nome è ormai legato a scandali, polemiche, progetti controversi e un’esposizione mediatica che raramente ha lasciato spazio all’interpretazione.

Negli ultimi anni di carriera – e soprattutto dopo il ritiro – il catalano è diventato un imprenditore iperattivo, coinvolto in operazioni che spesso hanno destato sospetti e critiche. Tra i casi più discussi c’è quello legato alla Supercoppa di Spagna: la sua società, Kosmos, ha mediato l’accordo che ha portato la competizione in Arabia Saudita, incassando commissioni milionarie e finendo nel mirino degli organi federali e della stampa per potenziale conflitto di interessi. Una vicenda che ha contribuito a intaccare ulteriormente la percezione pubblica del personaggio.

Piqué
Ultim’ora, scandalo mondiale: Pique è stato beccato – Sportitalia.it (screen Youtube)

A questo si è aggiunta la rumorosa separazione da Shakira, seguita da mesi di gossip, interviste velenose, canzoni-bomba e accuse reciproche, un vortice mediatico che ha contribuito a trasformare Piqué in una figura polarizzante anche fuori dallo sport. Le indagini fiscali, gli attriti con la Nazionale spagnola per le sue posizioni politiche, i fischi costanti nei ritiri della Roja e la discussa nascita della “Kings League”, competizione a metà tra calcio e spettacolo, hanno definitivamente consacrato l’ex difensore come un personaggio costruito per stare al centro della scena. Ma non sempre per i motivi migliori. È in questo contesto, fatto di luci e ombre, che torna al centro del dibattito un’altra operazione firmata dal suo gruppo imprenditoriale: la rivoluzione della Coppa Davis.

La Coppa Davis che non c’è più: errori, contestazioni e un format che non funziona

Il malcontento attorno alla nuova Coppa Davis è ormai dilagante. L’attuale edizione registra un dato clamoroso: un solo top ten presente, Alexander Zverev, e appena tre giocatori fra i primi venti del ranking. Numeri che testimoniano una perdita di appeal radicale. La storica competizione, un tempo paragonata a un Mondiale, con atmosfere incandescenti e sfide epocali in casa e in trasferta, si è trasformata in un prodotto poco appetibile per giocatori e pubblico.

Il quotidiano Libero, attraverso un’analisi tagliente, ha ricostruito le tappe che hanno condotto alla crisi attuale. Secondo il giornale, il punto di rottura è avvenuto nel 2019, quando la gestione della Davis è passata alla società Kosmos, legata proprio a Gerard Piqué. L’idea originaria era vendere la competizione come un grande show internazionale, con un format snello, veloce, “americano”. Ma dalle intenzioni ai risultati il passo è stato disastroso.

Matteo Berrettini
La Coppa Davis che non c’è più: errori, contestazioni e un format che non funziona – Sportitalia.it (screen Youtube)

La struttura tradizionale della Davis — quattro singolari e un doppio, al meglio dei cinque set, disputati nell’arco di un intero weekend e con un forte impatto del fattore campo – è stata sostituita da una formula condensata in un’unica giornata, due singolari e un doppio, tutto ai tre set. Una rivoluzione che ha snaturato completamente la competizione.

Le finali, poi, sono state fissate a fine stagione, il momento peggiore possibile: i top player arrivano stremati dopo undici mesi di tournée, viaggi, cemento indoor e Masters, desiderosi più di una vacanza alle Maldive che di un ultimo, massacrante impegno di squadra. Risultato: forfait a catena. Sinner, Musetti, Alcaraz, tanti altri prima di loro. Le big come Serbia, Stati Uniti, Canada e Australia fuori, l’interesse generale in caduta libera. Il punto è chiaro: lo sport, quando tradisce la sua identità, paga sempre il conto. E la Davis firmata Kosmos, con Piqué come figura di riferimento, quel conto lo sta pagando con gli interessi.

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