Editoriale Calcio

La Juve è ancora un cantiere aperto. Ma la Champions non aspetta

La Juventus torna da Firenze con un punto che lascia più interrogativi che certezze.

L’1-1 del Franchi racconta una squadra viva, capace di reagire, ma ancora lontana dall’identità che Luciano Spalletti cerca di imprimere da quando è approdato sulla panchina bianconera. Un risultato che non pesa solo sulla classifica, ma anche sulla percezione del percorso intrapreso.

Il marchio Spalletti

Il primo merito dell’allenatore è aver restituito ordine e una direzione tecnica precisa. La Juve prova a mantenere il pallino del gioco, costruisce dal basso, cerca trame pulite e movimenti sincronizzati.

L’impronta è chiara: una squadra che vuole comandare, non reagire. Alcuni meccanismi offensivi iniziano a funzionare, e soprattutto si percepisce una crescita nella personalità del gruppo.

La mentalità è un altro punto a favore. Spalletti insiste sul concetto di carattere, a tratti la Juve risponde: mantiene compattezza, non si sfalda nelle difficoltà, prova sempre a giocare. È un passo avanti rispetto all’anonimato della scorsa stagione.

Cosa non va nella Juve

L’altra faccia della medaglia, però, è ancora pesante. A Firenze la Juventus ha peccato nella qualità dei passaggi, nella lucidità nelle scelte, nella pulizia tecnica nei momenti decisivi. Errori che non si addicono a una squadra che punta a rimanere stabilmente nell’élite. La manovra è spesso lenta, prevedibile, e la finalizzazione resta un problema cronico.

Vlahović alterna lampi e blackout, Yildiz fatica a trovare continuità, mentre il centrocampo non sempre garantisce verticalità. La sensazione è che la Juve produca molto meno di quanto dovrebbe rispetto al volume di possesso.

Sul piano difensivo permangono fragilità strutturali: la linea non sempre sale con i tempi giusti, le transizioni difensive restano un tallone d’Achille e alcuni blackout individuali pesano più del dovuto. Spalletti chiede attenzione e coraggio, ma la squadra spesso si inceppa.

Testa alla Champions

Ora lo sguardo si sposta sulla Champions League, dove arriva una partita tutt’altro che banale contro il Bodo/Glimt. Una sfida che può sembrare abbordabile sulla carta, ma che nasconde insidie: il Bodo è squadra fisica, aggressiva, capace di attaccare in velocità e colpire sulle seconde palle. Esattamente il tipo di avversario che mette a nudo i limiti della Juventus attuale.

Per uscire indenne — e possibilmente con una vittoria obbligata per il percorso nel girone — serviranno intensità, precisione e soprattutto cinismo offensivo. Non basterà il possesso sterile, né un’interpretazione scolastica. Spalletti dovrà alzare il livello di aggressività, chiedere ai suoi maggiore velocità di pensiero e una maggiore presenza in area.

Alla Juve lavori in corso

Il pareggio di Firenze non cambia la narrazione: la Juventus è un cantiere aperto, con luci promettenti ma ombre ancora profonde. Contro il Bodo si capirà se i bianconeri hanno iniziato a trasformare le idee in sostanza. Una vittoria darebbe slancio e conferme, un passo falso aprirebbe crepe difficili da gestire. La Juve di Spalletti è sulla strada giusta, ma ora servono fatti. E l’Europa non aspetta.

Giovanni Albanese

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