Un nome importante come quello di Djokovic è in grado di smuovere il mondo con una parola. A farne le spese è stato Sinner: ha digerito un boccone amaro.
L’ultimo mese di Jannik Sinner è stato un paradosso vivente: una marcia gloriosa sul campo, accompagnata però da un’eco mediatica sempre più aspra. Se il tennis ha certificato che l’altoatesino oggi è, per continuità e completezza, il giocatore più dominante del circuito, il mondo esterno ha continuato a ricordargli che non esiste vittoria capace di mettere a tacere completamente le polemiche.
È stato Novak Djokovic, come spesso accade quando la quiete sembra consolidata, a riaprire la ferita. Il serbo, mai incline alla diplomazia quando sente il terreno vibrare sotto i piedi, è tornato a parlare del caso clostebol, insinuando che Sinner avrebbe goduto – a suo dire – di un trattamento preferenziale, diverso da quello riservato ad altri colleghi. Una tesi già smentita dai documenti dell’ITIA ma che, se ripetuta da un fuoriclasse dell’impatto mediatico del serbo, riesce sempre a trovare nuova trazione.

Eppure Sinner, come ormai ci ha abituato, risponde nella forma più spiazzante e difficile da attaccare: con il silenzio. Mentre Djokovic evoca ombre del passato e riporta a galla sospetti che lo sport aveva già archiviato, Jannik continua a fare ciò che per lui conta davvero: dedicarsi alla famiglia, agli affetti, alla normalità che in stagione può permettersi solo a sprazzi. È una strategia comunicativa semplice, quasi disarmante, ma tremendamente efficace per chi vuole sottrarsi al gioco delle provocazioni. Il punto, però, è un altro, che Djokovic parli ancora del clostebol e che altri colleghi gli facciano eco non è solo una questione di opinioni. Il sospetto crescente è che proprio questa corrente di diffidenza subliminale abbia contribuito a uno dei rari torti sportivi subiti da Sinner negli ultimi mesi. Perché la sensazione è che, dietro le scelte dell’ATP nelle ultime ore, ci siano mani e giudizi che arrivano direttamente dallo spogliatoio del circuito.
Gli ATP Awards ignorano Sinner: l’ombra del clostebol pesa ancora
L’ATP ha pubblicato la lista dei candidati ai premi di fine stagione. E ancora una volta – come già accaduto l’anno scorso – Jannik Sinner non compare tra i nomi scelti per alcuni dei riconoscimenti più prestigiosi. Un’assenza che stride con i risultati ottenuti dall’azzurro, un 2025 che lo ha visto sollevare trofei, imporsi su tutte le superfici e dominare in quasi ogni torneo disputato. A sorprendere non è solo l’esclusione in sé, quanto il contesto. Tra i candidati allo Stefan Edberg Sportsmanship Award, premio che dovrebbe celebrare eleganza, correttezza e integrità, figura Carlos Alcaraz, assieme ai soliti noti Ruud, Dimitrov e Auger-Aliassime. Non Sinner, che pure nel 2023 era stato tra i finalisti. Ma dopo l’esplosione del caso clostebol, il suo nome è misteriosamente scomparso dalle liste.

La scelta appare tutt’altro che casuale, e il retropensiero è ormai evidente: il caso, pur chiuso dalle istituzioni competenti, continua a pesare nei corridoi del circuito. Non perché ci siano dubbi fondati, ma perché i voti degli ATP Awards arrivano da due categorie precise: giornalisti e soprattutto giocatori. Ed è proprio qui che affiora l’amarezza più grande. Se davvero l’esclusione nasce da un sentimento di diffidenza, o peggio ancora di invidia, ciò che colpisce non è il premio mancato, ma l’atteggiamento del mondo che dovrebbe conoscere a fondo la vicenda. Sinner, come sempre, incasserà con grazia. Non protesterà, non polemizzerà, non si lascerà trascinare nel confronto diretto. Ma l’episodio lascia un retrogusto amaro, perché il miglior giocatore degli ultimi mesi, quello che ha nobilitato il tennis italiano come nessuno prima, viene giudicato non per ciò che fa in campo, ma per ciò che altri hanno voluto raccontare. Il 2025 di Jannik resta straordinario e quantomeno la Volpe Rossa potrà godersi la candidatura dei suoi due coach – Cahill e Vagnozzi – come migliori allenatori dell’anno (e ci mancherebbe).






