I due non si sono neanche incontrati che il 2026 già si è acceso oltremodo. Sinner e Alcaraz hanno incassato una batosta clamorosa: finisce malissimo.
Il tennis mondiale si è svegliato molte volte nel 2025 con la stessa domanda: chi vincerà stavolta, Jannik Sinner o Carlos Alcaraz? Non era più pronostico, era rituale. Gli Slam avevano un copione sempre più simile a una serie tv a due protagonisti, puntata dopo puntata, trofeo dopo trofeo. Prima l’Australian Open, poi il Roland Garros, poi Wimbledon, poi gli US Open – gli ultimi due anni hanno costruito un dominio che non ha lasciato granché spazio alle comparse. E nel frattempo i due non sono più soltanto tennisti: sono simboli, brand, identità sportive globali. Il tennis, dopo l’era dei Big Three, ha trovato nuovi re.
Ma con una differenza sostanziale: Roger-Rafa-Novak erano un triangolo, Sinner-Alcaraz sono una linea retta. Due fuochi che si guardano, si inseguono, e tutto il resto sembra orbitare tra loro. Il 2025 ha sancito definitivamente la trasformazione di questo sport in un racconto centripeto, perché di fatto tutto torna a loro. Social, highlights, banner pubblicitari, documentari, serie Netflix, corporate sponsor. L’ATP li promuove, li accosta, li filma anche quando non giocano. Nei corridoi, negli allenamenti, in una stretta di mano casuale. Il mercato risponde: engagement altissimo, vendite che schizzano, attenzione globale.

Per impatto mediatico sembra quasi di parlare non più di tennis, ma del nuovo dualismo che ha sostituito Ronaldo–Messi nell’immaginario sportivo contemporaneo. In Arabia c’è CR7, a Miami c’è Leo, ma nel mondo la rivalità più cliccata – quella che porta discussione, meme, articoli e sponsor – vive sulla terra rossa, sull’erba, sul cemento. In attesa di rivederli in campo dal 10 gennaio, c’è chi già conta i giorni.
C’è chi invece scuote la testa: per alcuni questo duopolio è spettacolo, per altri è saturazione. Perché l’ossessione, quando supera la soglia dell’entusiasmo, può trasformarsi in rifiuto. Ed è qui che nasce la frattura più rumorosa. C’è anche chi non ne può più di vederli ovunque, chi parla apertamente di saturazione mediatica, chi li definisce addirittura “patetici”. Un giudizio duro, che non punta ai giocatori ma al sistema che li circonda.
Sinner-Alcaraz sono dolori, Betton perentorio: “E’ un’ossessione”
A incendiare il dibattito ci ha pensato Calvin Betton, allenatore del doppista Henry Patten, due volte campione Slam di specialità e fresco trionfatore alle Finals di Torino. Intervenuto nel podcast Chip ’n Charge, Betton non ha avuto mezze misure: “Quest’anno ho visto post di Tennis TV su tennisti che giocano a golf, fanno skateboard e si stringono la mano. Sono ossessionati da Sinner e Alcaraz”. Poi la frase che ha fatto sobbalzare il circuito: “Non appena si incrociano in un corridoio, piazzano una telecamera e dicono: ‘Le leggende si incontrano’. È patetico.” Per lui il problema non sono i due campioni, bensì il modo in cui l’ATP costruisce narrazioni a senso unico.

Betton denuncia uno squilibrio strutturale, dove il doppio è relegato ai margini, ignorato mediaticamente, spesso senza accesso ai contenuti video necessari per promuoversi. Racconta di un’idea avanzata dai primi 100 doppisti del circuito, quella di autofinanziare un account Instagram con 2000 dollari a testa per valorizzare la specialità.
Una proposta bloccata dall’ATP, che secondo lui vieta perfino l’uso dei filmati ufficiali. La sua invettiva è uno schiaffo al sistema più che a Sinner o Alcaraz. Un urlo per dire che, mentre il tennis vive la sua età dell’oro commerciale, qualcosa resta nell’ombra, come i doppisti eccellenti, i match intensi, le storie che non trovano spazio perché l’occhio guarda sempre in alto, verso i due astri che dominano tutto. La domanda ora è inevitabile: il tennis sta crescendo grazie a questa rivalità, oppure si sta restringendo attorno a essa?






