Di Maria è un fenomeno, la Juve non è ancora squadra. Il Napoli di Spalletti come il Milan di Sacchi: ecco perché. Campionato ed Europa sono uno spot per il nostro calcio

Due fattori determinano il tifo da bambini: i grandi giocatori e le grandi squadre. Di Maria e il Napoli sono gli esempi più concreti e recenti. La Juve è riuscita a superare il turno europeo grazie alla classe dell’argentino. Michelangelo fra apprendisti pittori. Stile e colpi di pennello per emozioni dal sapore antico. Di Maria ha le movenze di un ballerino di tango. Ondeggia disegnando percorsi che ipnotizzano i rivali. È morbido, ritmico nel suo incedere surfando col pallone. Tunnel, tacchi, finte di eleganza abbagliante. Folgora lo spettatore con una classe che riaccende la memoria ormai intorpidita dalla consueta tela di passaggi. Rompe lo schema, salta ogni barriera difensiva a centrocampo come in area. È rivoluzione. È la suggestione che riaffiora nel bambino dentro la nostra testa che immaginava dribbling impossibili nel cortile sotto casa. Aumenta il battito cardiaco a ogni metro guadagnato lasciando intravedere il sogno impossibile di fare tutto da solo. Il sinistro usato come un violino. Sinfonia ad ogni tocco. Misura impatto e traiettoria con la precisione di uno shooter. Millimetrico nell’esecuzione che lascia a bocca aperta, che magia il primo gol al Nantes! Scolpito nelle immagini e nella memoria. È questa l’emozione che resta. Definita e definitiva. Chi crede nel giocatore continuerà a litigare con chi crede nella squadra senza convincerci di dare ragione all’uno o all’altro. Due facce della stessa medaglia. Il piacere del calcio sta in queste essenze. La squadra è il Napoli, non la Juve che senza Di Maria non sarebbe Juve.

 

Il Napoli senza Osimhen sarebbe comunque Napoli. Lo ha già dimostrato più volte e per lungo tempo. Si scandalizzi pure chi rabbrividisce al pensiero di paragonare Spalletti a Sacchi. Il primo Sacchi. Quello che vinse scudetto, Champions, Intercontinentali (chiamiamola ancora così). Noi lo diciamo adesso, con uno scudetto ancora da agguantare e un’Europa da definire. Questo Napoli ci ricorda quel Milan per il suo calcio totale. E lo ricorda a maggior ragione perché chiunque subentri per sostituire un compagno non altera né il ritmo né la musica. Il Napoli è equilibrio, il Napoli è occupazione dello spazio, il Napoli è larghezza e profondità. Il Napoli non è mai stato così bello come in quest’epoca. Armonia senza soluzione di continuità. Gestione dello spazio e del tempo. E dentro tutto diventa sontuoso. Osimhen, Kvaratskhelia, Lobotka, Lozano. Trovatene uno, dico uno soltanto, che non stia bene al suo posto. Più li guardi e più hai voglia di vederli. Il miglior spot per il calcio in questo momento. Squadra corta, compatta, compagni che si aiutano e che alzano la testa al compagno che sbaglia. E chi storce il naso per questo campionato anomalo vada a vedere che cosa stanno facendo le italiane in Europa. Questo Napoli sta dominando ovunque con le sue idee alternative. Si può fare spettacolo e vincere anche senza un fatturato da sceicchi. È una nuova strada aperta da De Laurentiis e costruita da Spalletti. Non diffidare dalle imitazioni. Possono essere salutari.

Paolo De Paola

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