Perché il Milan non vuole vedere la realtà. Perché a Napoli i primi nemici sono i napoletani

Ho fatto un sogno all’incontrario, un sogno molto strano diceva Paolo Rossi il saltimbanco: ho sognato che il derby di Milano finiva 5-1, non importa a favore di chi, e che poi la squadra che l’aveva perso tre giorni dopo si faceva bastare un brodino sciapo di 0-0 in casa in Champions per vedere il lato positivo della vita.

Devo aver mangiato pesante tornando la sera tardi a casa da una diretta perché una cosa così nel calcio di elite italiano non può essere possibile. Poi invece ho realizzato che di rientro da San Siro da Mllan-Newcastle ho solo sbocconcellato uva di Noicattaro per antonomasia perfetta e dunque il sonno è stato adatto e incolpevole.

Neanche se avesse vinto bene e largo contro il Newcastle sarebbe stato sufficiente per il Milan per chiudere il capitolo derby. E non ha vinto, anzi dopo la reazione di pancia del Primo Tempo si è totalmente adeguato al possesso sterile. Dice: e che vuoi che il Milan stia sui ceci a flagellarsi con il cilicio? No di certo, la vita e il campionato vanno avanti e dal Newcastle e Verona devi ricominciare.

Ma questa negazione della realtà di quanto successo nel derby, questo “va bene è andata, adesso la prossima”, certificano un ridimensionamento del Milan che fa malissimo. Come se possa essere una opzione perdere non solo il quinto derby consecutivo, ma perderlo 5-1. Come se faccia parte dell’ordine delle cose.

Volere questo per quieto vivere dell’ambiente Mllan è una autoindulgenza che in verità uccide l’ambizione del Milan. Uscire dal Newcastle con fiducia è aberrante: hai fatto 0-0 contro una squadra venuta per quello, la tua rabbia per l’umiliazione è durata 45 minuti senza gol, e sei contento della prestazione?! Questo non è da Milan. Non dal Milan con cui sono cresciuto io quantomeno.

E a proposito di volersi male, a Napoli c’è il problema diametralmente opposto.

Dunque se sulla sponda rossonera sembra di vedere il meme del cane che sorseggia un the nella casa che va a fuoco, a Napoli invece si rivive la gag catastrofista di Troisi in ‘Non ci resta che piangere’: “Ricordati che devi morire!”.

Perché va bene che ci sono tante cose che non vanno nel Napoli di Garcia: certe scelte dell’allenatore, certe scelte di mercato, e i rinnovi che ancora non arrivano. Ma il problema principale di fondo è questo pessimismo cosmico dei tifosi che avvolge ogni evento di questa stagione per i napoletani: una litania che ormai si adatta a tutto “Non è più come l’anno scorso”, “Non entriamo nemmeno in Champions”, “Si è rovinato tutto”.

E aspettate un attimo, e che diamine. Prendete contro il Braga ad esempio: errori difensivi e squadra che si è progressivamente rattrappita, però di contro uno spirito di gruppo non indifferente che ha reagito nel finale. Poteva essere un punto di partenza, quello sì, e invece per i napoletani è perfino un insulto dare un voto sufficiente alla vittoria, come ho avuto modo di sperimentare dagli insulti su Twitter al mio 6.5 al Napoli.

Un consiglio non richiesto e spassionato agli amici napoletani: mettetevi in testa che la stagione scorsa è passata, è stata bellissima ma è finita, e adesso si deve fare una cosa nuova. Inutile che graviate con questa zavorra tragica e nostalgica ogni evento di questa stagione. Prima vi dimenticate dell’anno scorso, meglio farete.

Ma qua sembra che il primo avversario del Napoli di Garcia, che pure ha tanto lavoro da fare, sia la propria gente.

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