Mazzarri in soccorso di ADL lo sfasciaNapoli. Pioli e i cambi. La Juve e il mercato

Il Commissario Montalbano ha lasciato il posto al Commissario Aurelio De Laurentiis. Con la differenza, non trascurabile, che i disastri di cinque mesi sono ineguagliabili, un record difficilmente battibile. Diciamo cinque mesi, giorno in più o in meno, perché questa via crucis prende forma dal giorno della nomina di Rudi Garcia e si esaurisce qui con l’allontanamento dell’arrogante francese. Si esaurisce per modo di dire, i danni fatti sono incalcolabili, uno tsunami su un’isola felice, il Napoli che aveva vinto lo scudetto e che doveva soltanto inserire il pilota automatico della programmazione e non della devastazione. ADL è riuscito a sfasciare il Napoli che, se lo avesse fatto apposta, di sicuro forse non ci sarebbe riuscito. Il Re Sole, che soffre per i successi degli altri in casa sua, non vedeva l’ora di liberarsi di Luciano Spalletti e Cristiano Giuntoli, immaginando di poterli sostituire in un batter d’ali. Li ho scelti io, hanno vinto grazie a me, li sostituisco in qualsiasi momento. Queste parole, non virgolettate ma è come se lo fossero, hanno portato alla devastazione del Napoli. E a giugno ascoltavamo le parole “cosa vuoi che sia, mica è stato Giuntoli a individuare i fenomeni, c’era lo scouting, i meravigliosi osservatori”. Quelle e altre parole: “Grazie Spalletti, ma la squadra è fortissima, quasi imbattibile, non sarà complicato trovate un successore all’altezza”. Come se quelle parole le avesse pronunciate Aurelio De Laurentiis, il manifesto dell’improvvisazione. Ma il Commissario ADL aveva deciso nel suo inconscio di sfasciare il Napoli, inconcepibile per un dirigente della sua esperienza e militanza, inaudita sintesi del saccheggio dentro uno Scudetto fresco di nomina. Walter Mazzarri merita l’in bocca al lupo, è legatissimo alla piazza e ha conquistato risultati importanti, a Napoli urge ripristinare un minimo di normalità. Una sola cosa: lo facciano lavorare senza controllori prevenuti, poi si tireranno le somme.

Stefano Pioli ha perso il Milan. E ci fa una figuraccia quando dice che, sì, gli infortuni sono un grande problema ma che lui non saprebbe cosa spiegare. È come se un direttore di banca non si esprimesse sui cassieri o sui dipendenti quando le cose non vanno bene. Non si può passare da una grande prestazione come quella contro il Paris Saint-Germain a una recita di un’ora a Lecce per poi liquefarsi e perdersi, il Milan non è una squadretta qualsiasi. Sulle sostituzioni Pioli è recidivo, aveva steccato già a Napoli quando nell’ultimo spezzone aveva rinunciato a Giroud e Leao in contemporanea con le conseguenze che conosciamo. A Lecce ha fatto peggio e si è dovuto mettere d’impegno per fare peggio. Ha fatto peggio perché quel Musah al posto di Calabria é un cazzotto in pieno volto, a maggior ragione se si pensa che qualche giorno prima era stato protagonista in un altro ruolo, il suo ruolo. Il Milan si è liquefatto, Pioli ha assistito impotente. Il Milan lascia per strada punti incredibili, quasi come se dovesse fate benificenza. Pioli ha avuto grandi meriti nella risalita del Milan quando subentrò in corsa e ottenne il regalo Ibrahimovic. Quattro anni dopo il concetto è che ha bisogno che qualcuno che lo guidi, nel frattempo nessuno spiega con precisione quale dovrebbe essere il ruolo di Zlatan, ci faranno una conferenza a reti unificate. Pioli ha perso il Milan, il suo futuro sarà tutto da scrivere. Ma intanto è giusto che lo ritrovi, non soltanto per una notte o due di Champions: in quel caso le motivazioni arriverebbero, automatiche, anche se in panchina non ci fosse un allenatore.

È ancora presto per parlare di mercato, fermo restando che qualsiasi situazione va monitorata giorno dopo giorno. La Juve sta conducendo il Gran Premio dei Rinnovi con la fiducia di mettere a posto tutto. Rugani è una rincorsa da agosto, Bremer potrebbe legarsi fino al 2029, Rabiot sta bene a Torino e presto ci sarà un nuovo confronto con la sua mamma-manager. I punti di domanda possono essere Vlahovic e Chiesa: se non prolungassero, sarebbe complicato trattenerli, ma sono discorsi che possiamo tranquillamente rimandare di qualche settimana/mese, non c’è questa urgenza. La Juve sta vivendo un bel momento, anche Allegri sembra diverso, cambiato e bisognerebbe porsi una domanda: se non è stato fatto mercato, l’organico è quello della scorsa stagione più Weah, per quale motivo adesso i risultati arrivano – pur non con un gioco da tramandare – e per due anni di fila no? Conta la gestione della settimana, il fatto di avere accanto un direttore nuovo ma diverso da quelli di prima. La Juve deve fare a gennaio, ma non vuole sbagliare. Cerca un De Paul: possibilmente Rodrigo oppure un identikit con quelle caratteristiche. Se arrivasse un esterno, magari quel Berardi corteggiato in estate, il salto sarebbe immediato. Certo, non è detto che il mercato di gennaio ti faccio migliorare, è una sessione troppo particolare. Ma di sicuro, in caso di acquisti, sarebbe una bella semina per l’estate. A prescindere dalla sfida in corsa, affascinante, a braccetto con l’Inter.

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